giovedì 31 dicembre 2009

Un anno di macerie ( Articolo di Marco Cedolin ).


Articolo tratto dal blog di Marco Cedolin.


Nel volgere indietro lo sguardo al 2009 che sta terminando è forte la sensazione di esserci soffermati troppo spesso a guardare la pagliuzza che allignava nell’occhio altrui, senza fare più di tanto caso alla trave conficcata nel nostro.

E’ stato l’anno della crisi economica, con il PIL di tutto l’Occidente in caduta libera come non accadeva da molto tempo. Una crisi rappresentata però dal circo mediatico con lo sguardo rivolto al paese immaginario del Mibtel e del Nasdaq e ben poca attenzione nei confronti del paese reale fatto di fabbriche che chiudono, disoccupati, famiglie ridotte sul lastrico. Una crisi, quella del paese immaginario, che nelle parole di politici ed economisti starebbe già volgendo al termine, simile ad una sfuriata temporalesca primaverile. Una crisi, quella del paese reale, che sta acuendosi sempre più, senza che si vedano i prodromi di un’inversione di tendenza, semplicemente perché nessuno si è sentito in dovere di analizzarne le vere cause (globalizzazione e modello di sviluppo) e adottare le opportune contromisure (mutamento radicale del modello di sviluppo) che sarebbero risultate politicamente scorrette e scarsamente gradite ai grandi poteri finanziari che attraverso la globalizzazione ed i licenziamenti stanno costruendo sempre nuovi profitti.

E’ stato l’anno del drammatico terremoto in Abruzzo, “usato” dal governo (che tutto sommato ha gestito discretamente la situazione) come vetrina all’interno della quale specchiarsi. E della tragica strage di Viareggio, dove decine di persone sono morte, bruciando come torce, a causa dell’esplosione di un convoglio ferroviario difettoso che durante la notte attraversava la stazione. Una strage, quella di Viareggio, presto colpevolmente dimenticata dai grandi media e dalla politica, in quanto sarebbe stato difficile spiegare agli italiani con quanto pressappochismo e mancanza di rispetto per le più elementari norme di sicurezza, viene gestito il trasporto delle sostanze altamente pericolose sulle rotaie ferroviarie. Ma anche l’anno delle frane e degli smottamenti, a cominciare dal disastro di Messina, causa della cementificazione selvaggia e dei mancati investimenti nella cura del territorio.

E’ stato l’anno della truffa della pandemia dell'influenza suina, utilizzata dai governi mondiali per ottenere un cospicuo trasferimento di denaro dalle tasche dei contribuenti a quelle di Big Pharma, attraverso l’acquisto di milioni di dosi di un vaccino tanto inutile quanto pericoloso, destinato ad ingrossare a breve la montagna di spazzatura che già ammorba il pianeta.

E’ stato l’anno del premio Nobel per la pace a a Barack Obama, già trasformatosi anzitempo nello scarafaggio di kafkiana memoria, pronto a spedire in Afghanistan 30.000 nuovi soldati, nonché a rinverdire l'ologramma del terrorismo per giustificare il prossimo raid americano nello Yemen. Ed è stato l’anno del massacro di Gaza, quando nel corso dell’operazione piombo fuso, di fronte al colpevole silenzio omertoso delle “democrazie” occidentali, l’esercito israeliano ha ucciso (con l’ausilio di un vasto campionario di armamenti) oltre 1400 cittadini palestinesi, in larga parte giovani e bambini.

E’ stato l’anno dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che di fatto sovrascrive le varie costituzioni nazionali, rendendole simili a carta straccia e promuove a pieni titoli l’Europa dei banchieri e dei faccendieri senza scrupoli, annientando quella dei popoli.

E’ stato l’anno di Mauro Moretti, ad delle Ferrovie, che con cadenza mensile ha inaugurato
il nuovo TAV italiano, dispensando orari di fantasia che i treni sistematicamente non riescono a rispettare e nel contempo è riuscito a far toccare alle ferrovie italiane il punto più basso della loro storia, quando durante le recenti nevicate dicembrine di fronte al collasso del sistema (ormai ridotto in condizioni disastrose) non ha trovato di meglio che consigliare ai viaggiatori di portarsi appresso coperte e panini per affrontare le conseguenze del viaggio con Trenitalia.

Ma è stato anche l’anno delle veline e di Berlusconi, della D’Addario, di Marrazzo e dello scandalo trans, del crocefisso negato nelle scuole, della soppressione di una libertà di stampa mai esistita in Italia, del best seller “Papi” di Marco Travaglio alle prese col rinnovo del proprio contratto in RAI, delle primarie del PD, della “rivoluzione viola” del NO B Day, della FIAT “eroica” che investe all’estero ma chiude gli stabilimenti in Italia, della completata metamorfosi (ancora Kafka) dell’ex camerata Fini Gianfranco da pupillo di Almirante a pupillo del centrosinistra, della statuetta del Duomo lanciata da Tartaglia sul muso del Premier, della conversione del salapuzio Berlusconi dall’amore per il proprio ego a quello per il prossimo, di Bruno Vespa che litiga con Floris, “dell’erudito” Gianni Riotta che consiglia Wikipedia come punto di arrivo dell’informazione, dei soldati italiani che oltre a fare la guerra in Afghanistan presidiano le discariche e spalano la neve a Milano e di Nichi Vendola liquidato dal PD perché non piace a Casini.
Insomma, senza dubbio un ottimo viatico per il 2010 che sta arrivando, carico di grandi problemi e altrettanti specchietti per le allodole, costruiti con lo scopo precipuo d’indurci a spostare il nostro sguardo dall’altra parte, meglio se sulla schedina del superenalotto che proprio quest’anno ha festeggiato il record d’incassi.

lunedì 28 dicembre 2009

O.M.S. : il "Papa" dell'influenza suina accusato di corruzione ( articolo di F. William Engdhal ).




Chiamato “Dr.Flu” (Dottor Influenza), il professor Albert Osterhaus (nella foto) è il principale consigliere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la pandemia H1N1.
Da diversi anni, parla dell’imminenza di una pandemia globale e quello che sta succedendo sembra dargli ragione.
Ma lo scandalo che è scoppiato nei Paesi Bassi e che è stato oggetto di dibattito in Parlamento, ha messo in evidenza i suoi legami personali con i laboratori che fabbricano i vaccini da lui fatti prescrivere all’OMS.
F. William Engdhal spiega come un esperto senza scrupoli abbia potuto manipolare l’opinione pubblica internazionale, sopravvalutare l’impatto dell’influenza H1N1 e fare la fortuna dei laboratori in cui lavora.

Da molto tempo, il Parlamento nederlandese [1] nutriva dei sospetti sul famoso Dott. Osterhaus e aveva aperto un’inchiesta per conflitto d’interesse e malversazioni. Fuori dai Paesi Bassi e dai media nederlandesi, solo alcune righe nel'autorevole rivista britannica Science han menzionato l’inchiesta sensazionale sugli affari di Osterhaus.



Non erano messe in questione le referenze e l’esperienza d’Osterhaus nel suo campo. Quello che viene messo in causa, come ci spiega la rivista Science in un semplice dispaccio, è l’indipendenza del giudizio personale sulla pandemia di influenza A. Science pubblicava queste poche righe su Osterhaus nell’edizione del 16 ottobre 2009:

“Negli ultimi sei mesi, nei Pesi Bassi è stato difficile accendere la televisione e non vedere il famoso cacciatore di virus Albert Osterhaus e sentirlo parlare della pandemia di influenza A. O perlomeno, è ciò che credevamo. Il Signor Influenza era Osterhaus, il direttore di un laboratorio di fama mondiale in seno al Centro medico dell'Università Erasmo di Rotterdam. Ma la scorsa settimana la sua reputazione è stata fortemente criticata dopo che sono stata espressi alcuni sospetti sulla volontà di attizzare le paure di una pandemia, con l'obiettivo di servire gli interessi del proprio laboratorio nella messa a punto di nuovi vaccini. Nel momento in cui Science mandava in stampa, la Camera bassa del Parlamento nederlandese annunciava che la questione sarebbe stata discussa con urgenza”. [2]

Pur non uscendone indenne, il 3 novembre 2009 Osterhaus aveva saputo evitare i danni. Si poteva leggere in uno dei blog del sito di Science: “La Camera bassa del Parlamento nederlandese ha oggi negato una mozione che esigeva che il governo rompesse qualsiasi legame con il virologo Albert Osterhaus del Centro medico dell'Università Erasmo di Rotterdam, accusato di conflitto d'interessi in qualità di consigliere del governo. Nello stesso momento, il Ministro della Salute Ab Klink annunciava una legge [3] sulla trasparenza del finanziamento della ricerca, che obblighi gli scienziati a rivelare i legami finanziari che stringono con le imprese private”.[4]

In un comunicato sul sito internet del Ministero della Salute, Klink, che sappiamo essere uno degli amici intimi di Osterhaus [5], diceva in seguito che quest'ultimo non era altro che un consigliere del Ministero come molti altri sulla questione dei vaccini contro l'influenza A H1N1. Ha anche detto di “essere al corrente” degli interessi finanziari d Osterhaus [6]: non nascondono niente di straordinario, solo il progresso della scienza e della salute pubblica. O perlomeno è quello che credevamo.

Un esame più approfondito del dossier di Osterhauas lascia intendere che questo virologo nederlandese di fama internazionale potrebbe trovarsi al centro di una truffa di diversi miliardi di euro riguardo all'idea di una pandemia. Un sistema fraudolento in cui dei vaccini non testati sono iniettati a degli uomini, col rischio -come è già successo- di causare seri danni, paralisi gravi o decessi.

La bugia delle feci d'uccello

Albert Osterhaus non è una persona qualunque. Ha avuto un ruolo in tutti i grande ondate di panico suscitate dalla comparsa di virus, a partire dai misteriosi decessi imputati alla SARS a Hong-Kong, dove l'attuale Direttrice generale dell'OMS Margaret Chan aveva lanciato la sua carriera di responsabile della Salute Pubblica a livello locale. Secondo la sua biografia ufficiale alla Commissione Europea, nell'aprile 2003, all'apice del panico causato dalla SARS, Osterhaus fu incaricato di partecipare alle inchieste sui casi di infezioni respiratorie che si moltiplicavano a Hong Kong. Nel rapporto dell'unione Europea possiamo leggere: “dimostrò ancora una volta la sua capacità di agire velocemente in situazioni gravi. In tre settimane ha dimostrato che questa malattia era provocata da un coronavirus scoperto recentemente che contamina le civette, i pipistrelli e altri animali carnivori” [7]

In seguito, quando i casi di SARS non fecero più parlare di sé, Osterhaus passò ad altro, lavorando questa volta per la mediatizzazione dei pericoli di quella che chiamava l'influenza aviaria H5N1. Nel 1997 aveva già suonato l'allarme dopo la morte a Hong Kong, di un bambino di tre anni che Osterhaus sapeva essere stato in contatto con degli uccelli. Osterhaus ha sviluppato quindi il suo lobbying nei Paesi Bassi e in Europa, sostenendo che una nuova mutazione letale dell'influenza aviaria era stata trasmessa agli umani e che si dovevano prendere delle misure drastiche. Sottolineava inoltre il fatto di essere stato il primo scienziato ad aver dimostrato che il virus H1N1 poteva contaminare gli umani. [8]

Parlando della pericolosità dell'influenza aviaria in un'intervista diffusa dalla BBC nell'ottobre 2005, Osterhaus dichiarava: “se il virus riuscisse a mutare in maniera tale da trasmettersi poi tra umani, allora saremmo in una situazione completamente diversa: potremmo avere dinnanzi a noi l'inizio di una pandemia”. Aggiungeva: “C'è il rischio che il virus venga sparso dagli uccelli in tutta Europa. C'è un rischio reale che nessuno ha saputo tuttavia valutare fino ad oggi, perchè non abbiamo fatto gli esperimenti dovuti” [9]. Il virus non ha mai riuscito la sua mutazione, ma Osterhaus era pronto a “condurre degli esperimenti” che possiamo immaginare sarebbero stati ampiamente retribuiti.

Per sostenere il suo allarmante scenario di pandemia cercando di dargli una legittimità scientifica, Osterhaus e i suoi assistenti di Rotterdam han cominciato a raccogliere e congelare dei campioni di feci d'uccelli. Affermava che, secondo i periodi dell'anno, fino al 30% di tutti gli uccelli d'Europa risultavano portatori del virus mortale dell'influenza aviaria H5N1. Aveva anche affermato che quindi gli allevatori in contatto con polli e galline erano esposti al suddetto virus. Osterhaus si incontrò con i giornalisti, che presero nota del messaggio allarmista. La classe politica fu messa in allerta. Nella stampa emise l'ipotesi per cui il virus, che egli chiamava H5N1, dopo aver causato diverse morti agli antipodi asiatici, si sarebbe diffuso in Europa, molto probabilmente trasportato sulle piume degli uccelli o nelle interiora d'uccelli infettati mortalmente. Sosteneva la tesi di uccelli migratori capaci di portare il nuovo virus mortale verso l'ovest, fino all'Ucraina e l'isola di Rügen [10]. Questo gli bastò per fingere di ignorare che gli uccelli non migrano da est a ovest, ma da nord a sud.

La campagna allarmista di Osterhaus sull'influenza aviaria decollò per davvero nel 2003, quando un veterinario nederlandese muore dopo essere stato ammalato. Osterhaus annunciò che la morte era il risultato di una contaminazione del virus H5N1. Convinse il Parlamento nederlandese ad esigere il macello di milioni di polli. Però non ci fu nessun altro decesso legato a un'infezione simile a quella attribuita all'H5N1. Per Osterhaus, questo dimostrava l'efficacia della campagna di macello preventiva [11].

sempre secondo Osterhaus, gli escrementi aviari diffondevano il virus ricadendo sulla popolazione e gli altri uccelli a terra. Rimaneva fermo sulla sua idea che questi escrementi costituivano il vettore di propagazione della nuova ondata mortale del virus H5N1 dall'Asia.

Si poneva in quel momento un problema con lo stock crescente di campioni congelati di escrementi aviari che con i suoi associati aveva raccolto e conservato nel suo istituto. La presenza del virus H5N1 non poté essere confermata in nessuno di questi campioni. Nel 2006, in occasione del congresso dell'OIE (Office international des épizooties, ormai chiamato 'Organizzazione Mondiale per la Salute dell'Animale), Osterhaus e i suoi colleghi dell'Università Erasmo furono obbligati ad ammettere che nei 100.000 campioni di materie fecali raccolte con tanta precauzione non avevano trovato nessuna traccia del virus H1N1. [12]

Nel 2008, a Verona, durante la conferenza dell'OMS dal titolo “Avian influenza at the Human-Animal Interface,”, Osterhaus prendeva la parola davanti ai suoi colleghi scienziati, senza dubbio meno accattivati del pubblico non scientifico dai suoi incitamenti all'emotività. Ammetteva che: “allo stato attuale delle conoscenze, niente permette(va) di dichiarare un'allerta contro il virus H5N1, né di affermare che questo potesse provocare una pandemia” [13]. Ma in quel momento, il suo sguardo si rivolgeva già verso altre possibilità pulsanti da schiacciare per far convergere il suo lavoro sui vaccini con nuove possibilità di crisi pandemica.

Influenza A e corruzione all'OMS

Rendendosi conto che l'influenza aviaria non aveva portato a nessuna ondata di morti su grande scala – dopo che Roche (produttore del Tamiflu) e GlaxoSmithKline (produttore del Relenza), ebbero incassato miliardi di dollari di profitti quando i governi decisero di stockare dei vaccini antivirali contestati -, Osterhaus e gli altri consiglieri dell'OMS si voltarono verso dei pascoli più verdi.

Nell'aprile 2009, le loro ricerche sembravano coronate di successo quando a La Gloria, piccolo villaggio messicano dello Stato di Veracruz, un bambino ammalato venne diagnosticato come portatore dell'influenza all'epoca chiamata “suina” o H1N1. Con una fretta fuoriluogo, l'apparato propagandista dell'OMS a Ginevra seguì subito le dichiarazioni del suo Direttore Generale, il Dottor Margaret Chan sull'eventuale minaccia di una pandemia mondiale.

Chan evocò “l'urgenza di salute pubblica a livello internazionale” [14]. In seguito, altri casi dichiarati a La Gloria vennero presentati su un sito internet di medicina come: una “strana” crescita d'infezioni polmonari e respiratorie acute, che evolvono in broncopolmoniti in certi casi riscontrati tra i bambini. Un abitante del villaggio ne descriveva i sintomi: “febbre, tossi severe e secrezioni nasali importanti” [15]

Questi sintomi, tuttavia acquistano tutto il loro senso nel contesto ambientale de La Gloria, una delle zone al mondo in cui si concentra il più grande numero di maiali in allevamento intensivo, il cui sfruttamento è detenuto principalmente dall'americano Smithfield. Da mesi, la popolazione locale protestava davanti la sede messicana del gruppo Smithfield, lamentandosi di gravi affezioni respiratorie dovute alle letamaie dei maiali. Questa ragione più che plausibile per le diverse malattie diagnosticate a La Gloria, non sembra interessare né Osterhaus né gli altri consiglieri dell'OMS. Finalmente si intravedeva la pandemia tanto attesa, quella predetta dal 2003, durante la sua partecipazione alle ricerche sulla SARS nella provincia di Guangdong in Cina.

L'11 giugno 2009, Margaret Chan annunciava che la propagazione del virus dell'influenza H1N1 aveva raggiunto il livello 6 dell' “urgenza pandemica”. Curiosamente, in occasione di quest'annuncio precisava che “secondo le informazioni disponibili fino ad ora, una maggioranza schiacciante di pazienti sentono dei sintomi benigni; il loro ristabilimento è veloce e completo, la maggior parte delle volte ricorrendo a un trattamento medico”. Prima di aggiungere: “A livello mondiale, il numero di decessi è poco importante, non ci aspettiamo di vedere una crescita improvvisa e spettacolare del numero di infezioni gravi o mortali”.

Si scopriva più tardi che Chan aveva agito in seguito ad alcuni dibattiti febbrili all'OMS, seguendo i consigli del Consultivo strategico del gruppo di esperti (SAGE, Strategic Advisory Group of Experts). Uno dei membri del SAGE all'epoca, e ancora oggi, è il nostro “Signor Influenza”, il dottor Albert Osterhaus.

Osterhaus non occupava solo una posizione strategica per raccomandare all'OMS di dichiarare l' ”urgenza pandemica” e incitare al panico, ma era anche il presidente di un'organizzazione in prima linea sull'argomento, il Gruppo di lavoro scientifico (ESWI, European Scientific Working group on Influenza), che si definisce come un “gruppo multidisciplinare di leaders d'opinione sull'influenza, il cui scopo è lottare contro le ripercussioni di un'epidemia o di una pandemia influenzali”. Come spiegano i suoi stessi membri, l'ESWI guidato da Osterhaus è il perno “tra l'OMS a Ginevra, l'Istituto Robert Koch a Berlino e l'Università del Connecticut negli Stati Uniti”.

La cosa più significativa riguardo l'ESWI è che il suo lavoro è completamente finanziato dagli stessi laboratori farmaceutici che guadagnano miliardi grazie all'urgenza pandemica, mentre gli annunci fatti dall'OMS obbligano i governi di tutto il mondo a comprare e immagazzinare vaccini. L'ESWI riceve finanziamenti dai fabbricanti e dai distributori di vaccini contro l'H1N1, come Baxter Vaccins, MedImmune, GlaxoSmithKline, Sanofi Pasteur e altri, tra cui Novartis,che produce il vaccino e il distributore del Tamiflu, Hofmann-La Roche.

Per mantenere il vantaggio, Albert Osterhaus, il più grande virologo mondiale, consigliere ufficiale sul virus H1N1 dei governi britannico e nederlandese, e capo del Dipartimento di Virologia del Centro medico dell'Università Erasmo, era allo stesso tempo parte delll'élite dell'OMS riunita nel gruppo SAGE e presiedeva l'ESWI, sponsorizzato dall'industria farmaceutica. A sua volta, l' ESWI raccomandò misure straordinarie per vaccinare tutto il pianeta, ritenendo elevato il rischio di una nuova pandemia che, si diceva con insistenza, avrebbe potuto essere paragonabile alla spaventosa pandemia d'influenza spagnola del 1918.


Nel 1923, Louis Jouvet mette in scena “Knock o il trionfo della medicina” di Jules Romain. Un medico senza scrupoli si stabilisce in una piccola città e riesce a convincere gli abitanti che sono tutti malati. Prescrive loro dei trattamenti inutili, costosi, e a volte pericolosi. La pièce diventa un lungometraggio nel 1933. il truffatore vi dice la celebre battuta: “Le persone sane sono dei malati che ignorano di esserlo”


La banca JP Morgan, presente a Wall Street, riteneva che, principalmente grazie all'allerta pandemica lanciata dall'OMS, i grandi industriali farmaceutici, che finanziano anche il lavoro dell' ESWI di Osterhaus, erano pronti a fare tra i 7,5 e i 10 miliardi di dollari di benefici. [16]

Il dottor Frederick Hayden è allo stesso tempo membro del SAGE all'OMS e del Wellcome Trust a Londra; si sa essere una degli amici intimi di Osterhaus. Per i suoi servizi “di consulenza”, Hayden, riceve tra l'altro fondi da Roche e GlaxoSmithKline, tdue dei vari giganti farmaceutici impegnati nella creazione di prodotti legati alla crisi dell'H1N1.

Un altro scientifico britannico, il professor David Salisbury, che dipende dal ministero britannico della Salute, è a capo del SAGE all'OMS. Dirige anche il gruppo consultivo sull'H1N1 all'OMS. Salisbury è un fervente difensore dell'industria farmaceutica. Nel Regno Unito, il gruppo di difesa della salute One Click l'ha accusato di dissimulare la correlazione provata tra i vaccini e l'aumento dell'autismo nei bambini, così come quella esistente tra il vaccino Gardasil e casi di paralisi e addirittura di morte. [17]

Il 28 settembre 2009, lo stesso Salisbury dichiarava: “la comunità scientifica è d'accordo sull'assenza totale di rischi riguardanti l'inoculazione del Thimerosal (o Thiomersal)”. Questo vaccino, usato contro l'H1N1 in Gran Bretagna, è prodotto principalmente da GlaxoSmithKline. Contiene Thimerosal, un conservante a base di mercurio. Nel 1999, un numero sempre crescente di prove che dimostrava che il Thimérosal presente nei vaccini avrebbe potuto essere la causa di casi d'autismo tra i bambini negli Stati Uniti, l'American Academy of Pediatrics (Accademia americana di pediatri) e il Public Health Service (ufficio della salute pubblica) ne avevano preteso il ritiro dalla composizione dei vaccini. [18]

Troviamo ancora un altro membro dell'OMS che ha degli stretti legami finanziari con i fabbricanti di vaccini che approfittano delle raccomandazioni del SAGE: il dottor Arnold Monto, un consulente remunerato dai fabbricanti di vaccini MedImmune, Glaxo e ViroPharma.

E peggio ancora, alle riunioni di scienziati “indipendenti” dal SAGE, partecipano degli “osservatori” che comprendono, ebbene sì, gli stessi produttori di vaccini GlaxoSmithKline, Novartis, Baxter e compagnia. Ci si può chiedere: se i migliori esperti dell'influenza al mondo dovrebbero far parte del SAGE, perchè invitano i fabbricanti di vaccini a partecipare?

Nello scorso decennio, l'OMS creava i cosiddetti “partenariati pubblico/privato”, con lo scopo di aumentare i fondi a sua disposizione. Ma, invece di ricevere fondi solo dai governi dei paesi membri dell'ONU (com'era stato previsto all'inizio), oggi l'OMS riceve dalle imprese private quasi il doppio del budget solitamente dato dall'ONU sotto forma di borse e aiuti finanziari. Da quali imprese private? Dagli stessi fabbricanti di vaccini e medicinali che approfittano delle decisioni ufficiali come quella presa nel giugno 2009 sull'urgenza pandemica dell'influenza H1N1. Proprio come i benefattori dell'OMS, i grandi laboratori hanno le loro entrate a Ginevra, e hanno diritto a un trattamento di “porte aperte e tappeti rossi”. [19]

In un'intervista rilasciata al Der Spiegel, un membro della Cochrane Collaboration (organizzazione di scienziati indipendenti che valutano tutti gli studi condotti sull'influenza), l'epidemiologo Tom Jefferson mostrava le conseguenze della privatizzazione dell'OMS e la commercializzazione della salute.

“T.Jefferson: [...] una delle caratteristiche più sorprendenti di quest'influenza, e di tutta la telenovela che ne è derivata, è che, anno dopo anno, alcune persone fanno previsioni sempre più pessimiste. Finora, nessuna si è i realizzata e queste persone sono sempre là a ripetere le loro predizioni. Ad esempio, cos'è successo all'influenza aviaria che avrebbe dovuto ucciderci tutti? Niente. Ma ciò non impedisce a queste persone di continuare a fare le loro predizioni. A volte sembra che ci sia un'intera industria che spera una pandemia.

Der Spiegel: di chi parla? Dell'OMS?

T.J. :L'OMS e i responsabili della salute pubblica, i virologi e i laboratori farmaceutici. Hanno costruito un sistema sull'imminenza della pandemia. Ci sono molti soldi in gioco, reti d'influenza, carriere e intere istituzioni! Ed è bastato che uno dei virus dell'influenza muti per vedere tutta la macchina mettersi in moto”. [20]

Quando gli abbiamo chiesto se l'OMS aveva deliberatamente dichiarato l'urgenza pandemica con lo scopo di creare un immenso mercato per i vaccini e i medicinali contro l'H1N1, Jefferson ha risposto: “Non pensa che il fatto che l'OMS abbia cambiata la definizione di pandemia sia notevole? La vecchia definizione era “un nuovo virus che si diffondeva velocemente, per cui non si aveva nessuna immunità e che causava un alto numero di malati e un'alta mortalità”. Ora, le ultime due sono state cancellate, e con questo cambiamento è stato possibile catalogare l'influenza suina come pandemia." [21]

In modo molto giudizioso, nell'aprile 2009 l'OMS pubblicava la nuova definizione di pandemia, appena in tempo per permettere all'OMS, sui consigli provenienti, tra gli altri, dal SAGE di “Signor Influenza”, alias Albert Osterhaus, e di David Salisbury, di definire urgenza pandemica casi benigni di influenza, ribattezzata influenza A H1N1. [22]

L'8 dicembre 2009, nella nota a piè di pagina di un articolo sulla gravità o la benignità della “pandemia mondiale” dell'H1N1, il Washington Post citava: “La seconda ondata d'infezione dell'H1N1 essendo arrivata all'apice negli Stati Uniti, i principali epidemiologi prevedono che la pandemia potrebbe far parte delle più benigne da quando la medicina moderna documenta le epidemie di influenza”. [23]

Igor Barinov, parlamentare russo e presidente del Comitato per la Salute alla Duma, ha preteso dai rappresentanti russi all'OMS in posto a Ginevra che conducano un'inchiesta ufficiale sugli innumerevoli indizi della corruzione massiva accettata dall'OMS e portata avanti dall'industria farmaceutica. “Sono state pronunciate gravi accuse di corruzione verso l'OMS”, affermava Barinov. “Una commissione internazionale d'inchiesta deve essere organizzata al più presto”. [24]

F.William Engdhal
Fonte: www.voltairenet.org
Link: http://www.voltairenet.org/article163315.html
16.12.2009

Traduzione per www,comedonchisciotte.org a cura di MARINA GERENZANI

[1] NDT : Tweede Kamer der Staten-Generaal (Seconda Camera degli Stati Generali dei Paesi Bassi, corrisponde alla Camera Bassa)
[2] Articolo in inglese, Martin Enserink, in "Holland, the Public Face of Flu Takes a Hit" («Olanda, la faccia pubblica dell'influenza ESSUIE UN COUP”), Science, 16 ottobre 2009, Vol. 326, n° 5951, pp. 350–351 ; DOI : 10.1126/science.326_350b.
[3] NDT : « Sunshine Act », in riferimento alla denominazione statunitense delle leggi sulla libertà d'informazione.
[4] Articolo in inglese, Science, 3 novembre 2009, "Roundup 11/3 The Brink Edition ".
[5] Articolo in nederlandese, "De Farma maffia Deel 1 Osterhaus BV ", 28 novembre 2009.
[6] Articolo in nederlandese, Ministerie van Volksgezondheid, Welzijn en Sport, "Financiële belangen Osterhaus waren bekend Nieuwsbericht ", 30 settembre 2009.
[7] Albert Osterhaus , Commission Européenne, « Recherche ».
[8] Ibid.
[9] Articolo in inglese, Jane Corbin, Interview with Dr Albert Osterhaus (« Entretien avec le Docteur Albert Osterhaus »), BBC Panorama, 4 ottobre 2005.
[10] Articolo in tedesco, Karin Steinberger, "Vogelgrippe : Der Mann mit der Vogelperspektive ", Süddeutsche Zeitung, 20 ottobre 2005.
[11] Ibid
[12] Articolo in tedesco, "Schweinegrippe—Geldgieriger Psychopath Auslöser der Pandemie ? ", Polskaweb News.
[13] Articlolo in inglese, Ab Osterhaus, "External factors influencing H5N1 mutation/reassortment events with pandemic potential" («Fattori esterni ad alto potenziale pandemico che entrano in gioco nei casi di nutazione e riassortimento del virus H1N1 »), OIE, 7-9 octobre 2008, Verona. Download http://www.oie.int/eng/info_ev/Other%20Files/Verona%202008/osterhaus.pdf
[14] Articolo in inglese, Health Advisory, Swine Flu Overview , aprile 2009.
[15] Articolo in inglese, Biosurveillance
, Swine Flu in Mexico- Timeline of Events, 24 aprile 2009. [16] Citato nell'articolo in nederlandese di Louise Voller et Kristian Villesen, "Stærk lobbyisme bag WHO-beslutning om massevaccination ", Information, Copenhagen, 15 novembre 2009.
[17] Articolo in inglese, Jane Bryant, et al, "The One Click Group Response : Prof. David Salisbury Threatens Legal Action" («Il Professor David Salisbury risponde al gruppo One Click con la minaccia di un'azione giudiziaria»), 4 marzo 2009. Download http://www.theoneclickgroup.co.uk/documents/vaccines/David%20Salisbury%20Threatens%20One%20Click.pdf.
[18] Prof. David Salisbury citato nell'articolo in inglese "Swine flu vaccine to contain axed additive " («Il vaccino per l'influenza A conterrebbe un adiuvante ritirato dal mercato»), London Evening Standard et Gulf News, 28 settembre 2009.
[19] Articolo in tedesco, Bert Ehgartner, "Schwindel mit der Schweinegrippe Ist die Aufregung ein Coup der Pharmaindustrie ? ”
[20] Tom Jefferson, Incontro con l'epistemologo: «A whole industry is waiting for a pandemic », Der Spiegel, 21 luglio 2009.
[21] Ibid
[22] Articolo in nederlandese, Louise Voller, Kristian Villesen, "Mystisk ændring af WHO’s definition af en pandemi ", Copenhagen Information, 15 novembre 2009.
[23] Articolo in inglese, Rob Stein, "Flu Pandemic Could Be Mild " («La pandemia di influenza potrebbe essere moderata»), Washington Post, 8 dicembre 2009.
[24] Articolo in nderlandese "Russland fordert internationale Untersuchung ", Polskanet, 5 dicembre 2009.

lunedì 21 dicembre 2009

Grecia, Islanda e Lettonia potrebbero guidare la rivolta contro U.E. e F.M.I. ( articolo di Ellen Brown - huffingtonpost.com )



Il crollo finanziario totale, un tempo problema solamente dei paesi in via di sviluppo, è giunto ora in Europa. Il Fondo Monetario Internazionale sta imponendo le proprie “misure di austerità” al cerchio più esterno dell’Unione Europea, con Grecia, Islanda e Lettonia come i paesi più colpiti. Ma questi non sono i normali mendicanti del terzo mondo. Storicamente, i vichinghi islandesi respinsero in numerose occasioni gli invasori britannici, le tribù lettoni allontanarono persino i vichinghi e i greci conquistarono l’intero impero persiano. Se c’è qualcuno che può opporsi al FMI, sicuramente sono questi valorosi guerrieri europei.

Decine di paesi sono risultati inadempienti sul proprio debito negli ultimi decenni, e il caso più recente è stato Dubai che ha dichiarato una moratoria sui debiti il 26 novembre 2009. Se l’ex ricchissimo emirato arabo può risultare inadempiente, possono esserlo anche i paesi disperati. E se l’alternativa è quella di distruggere l’economia locale, è difficile sostenere che non dovrebbero farlo.

Questo è particolarmente vero quando i creditori sono in buona parte responsabili dei problemi del debitore, e ci sono buone ragioni per sostenere che i debiti non devono essere ripagati. I problemi in Grecia ebbero origine quando furono mantenuti bassi i tassi di interesse, inadeguati per la Grecia, per salvare la Germania da un tracollo economico. Mentre ad Islanda e Lettonia è stata accollata la responsabilità delle obbligazioni private verso cui loro non erano parti in causa.

L’UE che non funziona: quando una moneta comune non ha successo

La Grecia potrebbe essere il primo paese del cerchio più esterno dell’UE a ribellarsi. Secondo Ambrose Evans-Pritchard sul Daily Telegraph di domenica: “La Grecia è diventata il primo paese delle sofferenti zone periferiche dell’unione monetaria europea a sfidare Bruxelles e rifiutare la cura medievale da sanguisughe di una deflazione dei salari”. Il Primo ministro George Papandreu ha detto venerdì:

“I lavoratori stipendiati non pagheranno per questa situazione: non procederemo al congelamento o al taglio dei salari. Non siamo saliti al potere per distruggere lo stato sociale”.

Rileva Evans-Pritchard:

"Papandreu ha dei buoni motivi per lanciare il guanto di sfida ai piedi dell’Europa. Alla Grecia è stato detto di adottare un pacchetto di austerità in stile FMI, senza applicare la svalutazione così importante per i piani del FMI. La ricetta è disastrosa ed è chiaramente controproducente."

La moneta non può essere svalutata perché si tratta dello stesso euro utilizzato da tutti. Ciò significa che mentre la possibilità del paese di ripagare il debito viene compromessa dalle misure di austerità, non vi è modo di diminuire il costo del debito. Evans-Pritchard conclude:

La verità è che pochi in Eurolandia sono disposti a mettere in dubbio il fatto che l’Unione Monetaria sia intrinsecamente inadeguata – per la Grecia, per la Germania, per chiunque.

Ed è la ragione per la quale l’Islanda, che non fa ancora parte dell’UE, potrebbe rivedere la propria posizione. All’Islanda viene richiesta l’appartenza all’unione per sottoscrivere un accordo nel quale verrebbero risarciti i depositanti olandesi e britannici che hanno perso i loro soldi nel crollo di IceSave, una divisione off-shore della più importante banca privata islandese. Eva Joly, un magistrato franco-norvegese assunta per indagare sul crollo bancario islandese, lo definisce un ricatto e avverte che cedere alle richieste dell’UE prosciugherebbe l’Islanda delle sue risorse e della sua popolazione, che sarebbe costretta ad emigrare per trovare lavoro.

La Lettonia è un membro dell’UE e si crede che adotterà l’euro, ma non ha ancora raggiunto questa fase. Nel frattempo, l’UE e il FMI hanno detto al governo di prendere a prestito valuta straniera per stabilizzare il tasso di cambio della valuta locale, allo scopo di aiutare i mutuatari a pagare i mutui contratti in valuta straniera dalle banche straniere. Come condizione ai finanziamenti del FMI, vengono richiesti anche i soliti tagli governativi. Nils Muiznieks, responsabile dell’Istituto di ricerche politiche e sociali avanzate di Riga, in Lettonia, si è lamentato:

Il resto del mondo sta perfezionando dei pacchetti di incentivi che vanno dall’uno al dieci per cento del PIL ma, nello stesso momento, alla Lettonia è stato chiesto di apportare dei forti tagli alla spesa – per un totale di circa il 38 per cento quest’anno nel settore pubblico – e di aumentare le tasse per coprire i deficit di bilancio.

In novembre il governo lettone ha adottato il bilancio più pesante degli ultimi anni, con tagli di quasi l’11%. Il governo ha già aumentato le tasse, ridotto la spesa pubblica e gli stipendi governativi e chiuso decine di scuole e ospedali. Come risultato, la banca nazionale prevede per quest’anno una diminuzione dell’economia del 17,5%, proprio quando c’è bisogno di un’economia produttiva per rimettersi in piedi. In Islanda l’economia si è contratta del 7,2% nel corso del terzo trimestre, il calo più forte mai registrato prima.

Come negli altri paesi stretti dai lacci neo-liberisti sulla produttività, l’occupazione e la produzione industriale sono state danneggiate, mettendo in ginocchio le economie.

Una considerazione cinica è che questo sia stato fatto di proposito. Invece di aiutare le nazioni post-sovietiche a sviluppare economie autosufficienti, scrive Marshall Auerback, “l’Occidente le ha viste come delle ostriche economiche da frantumare riempiendole di debiti allo scopo di ricavarne interessi e guadagni in conto capitale, lasciandole poi solo delle conchiglie vuote”.
Ma la gente non si sta sottomettendo in silenzio. La scorsa settimana in Lettonia, mentre il Parlamento discuteva che cosa fare del debito nazionale, migliaia di studenti e insegnanti hanno riempito le strate protestando contro la chiusura di centinaia di scuole e la riduzione fino al 60% degli stipendi dei docenti. I dimostranti portavano striscioni con scritto “Hanno venduto l’anima al diavolo” e “Siamo contro la povertà”. Al parlamento islandese, secondo le ultime notizie la discussione su IceSave è andata avanti per 140 ore, un nuovo primato, e una parte sempre più in crescita della popolazione si oppone al finanziamento di un debito che credono che il governo non debba restituire.

Il 3 dicembre in un articolo sul Daily Mail intitolato “Quello che l’Islanda può insegnare ai Tory”, Mary Ellen Synon scrive che da quando l’economia islandese è crollata lo scorso anno, “i costruttori dell’impero di Bruxelles erano sicuri che i terrorizzati islandesi ormai sull’orlo della bancarotta fossero finalmente pronti per scambiare la propria indipendenza con la ‘stabilità’ dell’adesione all’UE”. Ma il mese scorso, un sondaggio ha mostrato che il 54 per cento degli islandesi si oppone all’adesione, con solamente il 29 di cittadini favorevoli. Synon scrive:

Lo scorso anno gli islandesi potrebbero essersi spaventati a morte ma stanno ora uscendo dalle rovine del loro benessere e hanno deciso che la cosa più preziosa rimasta è la loro indipendenza. Non sono disposti a metterla in vendita, nemmeno per l’eventualità di un salvataggio da parte della Banca Centrale Europea.

Islanda, Lettonia e Grecia sono tutte in grado di mettere alla prova il bluff del FMI e dell’UE. In un articolo del primo ottobre intitolato “Lettonia – la pazzia continua”, Marshall Auerback sosteneva che il problema del debito lettone potrebbe essere risolto nell’arco di un fine settimana, con una serie di misure che comprendono (1) non rispondere al telefono quando i creditori stranieri chiamano il governo; (2) dichiarare insolventi le banche, convertendo il loro debito estero in capitale, e farle riaprire con un’assicurazione totale sui depositi garantiti in valuta locale; e (3) offrire “un lavoro con un salario minimo in valuta locale comprensivo di assistenza sanitaria a chiunque sia disposto a lavorare come fu fatto in Argentina dopo che il regime di Kirchner rifiutò il pacchetto tossico di restituzione del debito del FMI”.

Evans-Pritchard ha suggerito un rimedio analogo per la Grecia la quale, dice, potrebbe liberarsi dal suo cappio mortale seguendo l’esempio dell’Argentina. Potrebbe “reintrodurre la propria valuta, svalutarla, approvare una legge che trasformi il debito interno in euro in valuta locale, e ‘ristrutturare’ i contratti con l’estero”.

La strada meno battuta: dire di no al FMI

Opporsi al FMI non è una strada molto praticata ma l’Argentina ha tracciato il cammino. Di fronte alle tremende previsioni secondo cui l’economia crollerebbe senza crediti con l’estero, nel 2001 sfidò i propri creditori e si staccò semplicemente dai propri debiti. Nell’autunno del 2004, tre anni dopo un’inadempienza record su un debito di oltre 100 miliardi di dollari, il paese era sulla strada della ripresa e aveva raggiunto questo risultato senza aiuti dall’estero. L’economia era aumentata dell’8 per cento per due anni consecutivi. Le esportazioni erano cresciute, la moneta era rimasta stabile, gli investitori ritornavano e la disoccupazione era diminuita. “Si tratta di un importante evento storico, che mette alla prova 25 anni di politiche sbagliate”, diceva l’economista Mark Weisbrot in un’intervista del 2004 riportata dal New York Times. “Mentre altri paesi stanno zoppicando, l’Argentina sta avendo una crescita molto forte senza alcun segno di insostenibilità, ed è stato fatto senza alcuna concessione per ottenere afflussi di denaro straniero.”

Weisbrot è condirettore di un centro studi con sede a Washington chiamato “Centro per la ricerca economica e politica”, che nell’ottobre 2009 ha presentato uno studio su 41 paesi debitori del FMI. Lo studio ha scoperto che le politiche di austerità imposte dal FMI, tra cui i tagli alle spese e la rigida politica monetaria, avevano maggiori probabilità di fare più male che bene a quelle economie.

Questa è stata anche la conclusione di uno studio pubblicato nel febbraio scorso da Yonca Özdemir dell’Università Tecnica del Medioriente di Ankara, mettendo a confronto gli aiuti del FMI in Argentina e in Turchia. Entrambi i mercati emergenti hanno affrontato delle gravi crisi economiche nel 2001, ma se l’Argentina si è ribellata al FMI, la Turchia ha seguito ogni volta i suoi consigli. Il risultato è stato che l’Argentina si è ripresa mentre la Turchia si trova ancora in una crisi finanziaria. L’Argentina ha scelto di dirigere le proprie risorse verso l’interno, sviluppando la propria economia nazionale.

Per trovare i soldi per questo sviluppo, l’Argentina non ha avuto bisogno di investitori stranieri. Ha emesso il proprio denaro e credito attraverso la propria banca centrale. In precedenza, quando la valuta nazionale è crollata completamente nel 1995 e di nuovo dopo il 2000, i governi locali argentini avevano emesso obbligazioni locali che venivano negoziate come valuta. Le province pagavano i propri dipendenti con ricevute cartacee chiamate “Obbligazioni cancella-debito” che erano espresse in unità valutarie equivalenti al peso argentino. Le obbligazioni cancellavano il debito delle province verso i loro dipendenti e potevano essere spese nella comunità. Le province in realtà avevano “monetizzato” i loro debiti, trasformando le loro obbligazioni in valuta a corso legale.

L’emissione e il prestito della valuta sono diritti sovrani del governo, e sono diritti che i piccoli paesi europei perdono quando aderiscono all’UE. L’Argentina è un paese grande che ha maggiori risorse rispetto ad Islanda, Lettonia o Grecia, ma ora le nuove tecnologie disponibili potrebbero addirittura rendere autosufficienti i piccoli paesi. Vedi l’articolo di David Blume “Alcohol can be a gas”.

Ellen Brown
Fonte: www.huffingtonpost.com
Link: http://www.huffingtonpost.com/ellen-brown/eu-imf-revolt-greece-icel_b_389409.html
18.12.2009

Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org


domenica 6 dicembre 2009

Cuoi e buoi dei paesi tuoi ( Articolo di Eugenio Benetazzo ).


L'articolo che segue è ad opera dell'operatore di borsa indipendente, Eugenio Benetazzo. Articolo pubblicato sul suo sito web.

Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar. Chi non l'ha sentita canticchiare almeno una volta nel corso della sua vita, un motivetto canoro ormai di vecchia data che ricorda un'epoca ormai passata in cui chi era giovane sognava di andaresene via dall'Italia per trovare un posto di lavoro. Forse l'anno venturo qualche rapper italiano (confido in Fabbi Fibra) proporrà un rifacimento musicale all'industria discografica per lo scenario italiano, magari qualcosa del tipo "Mamma mia dammi 1000 euro che all'estero me ne voglio andar". L'Italia è stata assogettata al dictat delle privatizzazioni e della concorrenza sleale: si è fatto l'impossibile per distruggere quello che è stato costruito dal dopoguerra ad oggi, soprattutto il cosidetto vantaggio competitivo italiano non esiste più. Interi distretti industriali messi in ginocchio e decimati per aver abbracciato il pensiero globalizzante.

Mi fanno ridere queste farse politiche (rosse, nere, azzurre e verdi) che ora lanciano moniti sui livelli occupazionali in Italia, mi sembra di vedere una banda di piromani che grida "al fuoco, al fuoco". Nessuno di loro è più attendibile o credibile, spero che presto uno tsunami elettorale li spazzi via nel dimenticatoio per sempre, assieme a tutte le loro beghe di partito e le deliranti notizie di gossip. Ho intervistato in questi giorni alcuni imprenditori dei distretti conciari italiani, Arzignano (Vicenza) e Santa Croce sull'Arno (Pisa): ormai non hanno più lacrime per piangere. Migliaia di imprese non esistono più, cancellate anagraficamente come i database colpiti da un virus informatico. Siamo forse l'unico paese al mondo che non si difende, che consente l'ingresso indiscriminato tanto di lavoratori quanto di merci (alimentari e non) che compromettono sia i postii di lavoro italiani e sia i prodotti tipici italiani. Chi si approvigionava del prodotto finito italiano adesso si rivolge altrove per prodotti meno costosi realizzati in Oriente, con inquietanti interrogativi sullo sfruttamento degli allevamenti intensivi e sull'inquinamento ambientale. A questo bisogna inoltre aggiungere tutti gli imprenditori conciari che continuano a fare "resistenza" confidando nella vocina interiore che suggerisce loro di resistere perchè la cosidetta "crisi" presto finirà. Per resistere sono disposti a iniettare a fondo perduto denari e risparmi che avevano accantonato negli anni prima ritenendo che in un prossimo futuro lo scenario migliorerà. Certo che muterà, ma in peggio. Purtroppo anche loro finiranno male nonostante le loro buone intenzioni.

In Italia si è verificato proprio questo: fino a quando la torta era grande, c'era spazio e successo per tutti, mentre ora che siamo passati da un mercato concorrenziale ad uno competitivo, si è vista la differenza tra chi sa fare impresa e chi è imprenditore improvvisato. Ormai le cronache imprenditoriali si sprecano: anche il distretto della concia verrà sacrificato e centinaia di migliaia di posti (tra diretto ed indotto) saranno polverizzati. Purtroppo non si recupereranno mai più. A questo punto vorrei sapere come si dovranno riciclare o reinserire le persone che si troveranno senza occupazione. Alcuni giorni fa rincasando in treno, ascoltavo di nascosto le conversazioni di un gruppo di studenti universitari di Milano, che idealizzavano sul loro radioso futuro (secondo le loro aspettative) e sulla loro futura professione (e remunerazione). Poveri illusi. MI sembrava di ascoltare le esternazioni ed i sogni plagiati dei partecipanti di "Amici" condotto da Maria De Filippi. Inutile arrabbiarsi con queste generazioni di ragazzi, poco più che ventenni. La colpa non è loro, ma eventualmente dei loro stessi genitori, che hanno appoggiato ed osannato tanto a destra quanto a sinistra falsi profeti (da Prodi a Berlusconi), i quali hanno svenduto il futuro di questo paese e compromesso il benessere delle future generazioni.


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venerdì 27 novembre 2009

Tagli e dettagli ( Articolo di Eugenio Benetazzo )


L'articolo che segue è ad opera dell'operatore di borsa indipendente, Eugenio Benetazzo. Articolo pubblicato sul suo sito web.

Quando nel 1994 Amy Whitfield scalava le classifiche musicali internazionali con il suo "Saturday Night" ed imperava la cultura del disco entertainment degli anni 90, allo stesso tempo il nostro paese raggiungeva il suo picco di massimo splendore per quanto concerneva il benessere economico alimentato da uno sviluppo e successo industriale che proprio in quell'epoca ostentava il suo massimo slancio evolutivo. Ricordo molte bene quel periodo, frequentavo da qualche anno l'università ed al tempo stesso mi dilettavo come dee jay negli house club: rammento ancora come tutti noi giovani "discotecari" sognavamo un giorno di poter possedere o gestire un locale da ballo (e sballo) tutto nostro, vedendo gli incassi e le migliaia di persone che vi gravitavano ad ogni serata. Sono passati appena quindici anni e quel periodo ormai è un ricordo di un passato che non rivedremo mai più.

Dalla metà degli anni 90 per l'Italia è iniziato infatti un lento processo di declino industriale: sono stati fatti entrare a frotte milioni di extracomunitari con il solo scopo di consentire ai grandi gruppi industriali di poter abbassare i costi di manifattura (grazie a persone disperate disposte a lavorare con retribuzioni minori rispetto agli italiani), di lì a poco è stato introdotto il lavoro interinale come soluzione per "snellire" l'attività di impresa che in poco tempo ha fatto nascere una nuova fascia sociale, quella dei precari, infine si è dato inizio ad una lenta opera di deindustrializzazione aiutando gli industriali a smantellare le loro aziende per spostarle al di fuori dei confini italiani e decretando così la fine di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Quando sta accadendo in questi ultimi 18 mesi non può essere definito genericamente come semplice crisi, come ci vogliono far credere i media tradizionali con il loro gracchiante vociferare, quanto piuttosto come una vera e propria emergenza che sino ad oggi ha manifestato solo il primo dei sue tre aspetti, ovvero quello finanziario.

Adesso dovranno arrivare le altre due sfacettature, quella industriale e quella sociale, entrambe legate da questo scellerato ed osannato modello economico imposto dal WTO in cui tutti i paesi occidentali hanno dovuto lentamente e progressivamente regalare le loro produzioni ed i loro ordinativi industriali alle nuove aree emergenti di questo millennio, così facendo si sono create le condizioni sociali ed industriali per una impensabile sperequazione. L'Inghilterra regna sovrana su questo, il modello thatcheriano (privatizzazioni e dismissioni forzate dei gangli strategici della nazione) sta dimostrando come l'eccesso di liberismo economico produca l'esatto opposto di quello che aveva promesso. Gli USA che sono stati il primo paese a delocalizzare (con Messico ed India) hanno pagato il conto con la loro stessa solidità finanziaria. Per chi non lo avesse ancora compreso i mutui subprime sono detonati perchè lentamente sono stati bruciati milioni di posti di lavoro e persone che avevano contratto precedentemente debiti per vivere non sono più stati in grado di ripargarli (la FED poi ci ha marciato accellerando il processo di polverizzazione finanziaria).

Ormai dovremmo parlare di una mutazione genetica per il nostro tessuto socioeconomico: il turbocapitalismo ci sta presentando i conti. E siamo appena agli inizi. Chi continua a profetizzare la fine di questa cosidetta "crisi" temo che non abbia veramente ancora compreso che cosa stia accadendo. L'Italia è un paese manifatturiero (per quello che rimane) ed esportatore, questo significa che per esserci veramente ripresa questa deve realizzarsi al di fuori dei nostri confini, consentendo alla nostra economia di seguire a traino. Tra meno di quindici anni saremo catapultati al quindicesimo posto su scala planetaria, non saremo più un paese industrialmenete rilevante, ma uno stato depresso in lento e silenzioso declino. Direi proprio silenzioso perchè di giovani a gridare ce ne saranno sempre meno: sempre tra quindici anni oltre il 40 per cento della popolazione avrà un'eta superiore ai sessant'anni. Da Bel Paese un tempo, presto saremmo denominati come il cimitero degli elefanti. La contrazione della capacità produttiva industriale che si è verificata in questi ultimi mesi ci ha proiettati ai livelli di produttività di oltre quindici anni fa (non penso che si riuscirà mai più a recuperare questi livelli).

Il futuro è piuttosto delineato, chi è vecchio vivrà con quei quattro soldi messi da parte e chi è giovane si troverà a doversi inventare la vita di tutti i giorni, lavorando a missione e a singhiozzo: già tra cinque anni almeno 1/5 se non 1/4 delle aziende italiane si estinguerà o si ritirerà dal mercato, lasciando un profondo vuoto a livello occupazionale. Non dimentichiamo inoltre come le pesanti situazioni di default finanziario che stanno vivendo le imprese italiane presto si riverserà proprio sui bilanci delle stesse banche che adesso (grazie alle strepitose opere di privatizzazione riguradanti appunto lo stesso sistema bancario italiano) continuano a dettare legge su chi vive e chi dovrà estinguersi. Chi pensa di replicare il modello inglese per assorbire gli esuberi occupazionali, puntando quindi tutto sul terziario (settore dei servizi) probabilmente si è laureato per corrispondenza in Economia Davanti e Commercio Dietro presso l'Università per Barbieri. A livello nazionale non vi è una forza politica che si faccia portavoce di esigenze di protezionismo nei confronti dei nostri gloriosi ed invidiati distretti industriali, l'unica risorsa che avevamo ovvero la distintività ed originalità della manifattura italiana è stata brutalmente sacrificata per permettere a paesi come la Cina di assorbire, copiare e far morire le nostre tipiche produzoni, diventando nel frattempo la grande fabbrica del pianeta. A mio modo di vedere l'unica salvezza potrebbe essere un incredibile e improvviso cambio di governance politica che faccia emergere un "tribuno del popolo" stile Lula in Brasile, che contrasti e metta fine a questo dictat economico che sta portando il paese al suicidio industriale, sociale ed economico.



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giovedì 19 novembre 2009

Ci rimane soltanto l'aria ( articolo di Antonio Scurati - La Stampa.it )

Articolo tratto da ComeDonChisciotte, che a sua volta lo ha preso dal sito del quotidiano La Stampa.

Cosa succede se la globalizzazione raggiunge il rubinetto di casa

Nessun uomo è tanto pazzo da vendere la terra su cui cammina. Così, stando alla leggenda, il grande capo indiano avrebbe risposto al negoziatore bianco che gli offriva la scelta tra la guerra di sterminio e l’acquisto delle terre ataviche della sua tribù. Che cosa direbbe oggi quel capo indiano di noi che, dopo aver fatto ovunque commercio della terra su cui camminiamo, ci apprestiamo a venderci anche l’acqua che beviamo?

Niente direbbe, il fiero guerriero, perché, al pari di ogni altro ostacolo locale, fu spazzato via dalla storia che, è bene non dimenticarlo, è stata sempre storia del processo unilaterale attraverso il quale l’Occidente, esplorando, conquistando e colonizzando, ha globalizzato la terra unificandola in un sistema mondo interamente governato dalla legge del capitalismo. Ora che quella grande impresa è compiuta, ora che la fase di espansione è terminata, ora che l’auto-narrazione in cui si racconta di come il pianeta Terra divenne una sfera interna alla logica del capitale è giunta alla fine, ora non rimane che lavorare sulle condizioni di vita all’interno della grande serra planetaria del capitalismo avanzato. Questa nuova frontiera interna che avanza senza soste ha un nome preciso: privatizzazione della vita.



Rientra in questo quadro epocale anche la notizia secondo la quale in Italia, remota provincia dell’impero, il governo sarebbe pronto ad appaltare a privati il servizio di erogazione dell’acqua, che smetterebbe così di fatto di essere un servizio pubblico, trasformando l’approvvigionamento idrico, cioè l’accesso a una fonte basilare della vita, in una qualsiasi merce. In linea concettuale, infatti, anche questo sarebbe un ampio passo verso la privatizzazione della vita: l’acqua smetterebbe di essere qualcosa cui tutti noi abbiamo diritto inalienabile per il semplice fatto di stare al mondo, una dotazione comune d’ingresso, come l’aria che respiriamo, e diverrebbe un bene voluttuario diversamente accessibile in base alla nostra individuale capacità di spesa. Ecco, dunque, un altro esempio della regola della deprivazione che sembra governare i destini degli uomini in questo nuovo scorcio di millennio: a ogni nuovo giro di giostra, man mano che il «pubblico» diventa «privato», ci viene sottratto ciò che è necessario per vivere o, almeno, ciò che fino a una generazione precedente era stato considerato un diritto naturale e inalienabile. La privatizzazione della vita agisce simultaneamente su due versanti, contigui e interconnessi come le due facce di un'unica moneta. Su un versante si procede a privatizzare la proprietà non più solo dei mezzi di produzione ma anche dei mezzi di sussistenza della vita della specie, sull’altro si mette in scena la riduzione della vita sociale a fatto privato.

Sul primo versante accade che, in un quadro globale di progressivo impoverimento delle risorse naturali, di cambiamenti climatici che rischiano di mettere fine al lussureggiare della vita planetaria e di fosche previsioni sull’aumento della popolazione mondiale, il controllo sui beni basali per l’esistenza, sulle condizioni di sopravvivenza, e finanche sulle matrici di riproduzione della vita biologica, viene via via affidato a soggetti d’impresa, cioè a privati mossi dalla logica del profitto e, spesso, da intenti speculativi. È il caso del controllo delle risorse idriche, delle biotecnologie in agricoltura, ma è anche il caso della privatizzazione della guerra subappaltata a contractors privati, della privatizzazione della ricerca medico-scientifica e, sopra ogni altro, è il caso della ricerca sul genoma umano condotto da privati. Il secondo versante, meno serio ma non meno preoccupante, è quello della trasformazione della politica in talk show, un osceno teatrino di faccende un tempo confinate nella vita privata che ha l’effetto di svilire, fino all’annichilimento, la nozione di «pubblico interesse». Il «pubblico», come ci ha insegnato Bauman, è così svuotato dei suoi contenuti, privato di un’agenda propria: è solo un agglomerato di guai, preoccupazioni e problemi privati. È l’eclissi della politica, un tempo intesa come possibilità di fare uso di mezzi collettivi per affrontare i problemi individuali. È anche la fine del sentimento di comunità. E, con esso, la fine del principio di un bene comune.

Da entrambi i lati dello schermo televisivo, la collettività scade ad aggregato di agenti individuali, le esistenze a questioni private. La lezione che si ricava da questa rappresentazione che rimodella la nostra capacità di pensare il mondo in comune è che ciascuno può solo lodare se stesso per i propri successi o, più probabilmente, incolpare se stesso per i propri fallimenti. Tutti gli individui assistono al grande talk show della vita privatizzata soli con i loro problemi e, quando lo spettacolo finisce, si ritrovano sprofondati nella loro solitudine, immersi nel buio di una stanza in subaffitto davanti a un televisore sintonizzato su di un canale morto.

Antonio Scurati
Fonte: www.lastampa.it/
Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=6637&ID_sezione=&sezione=
19.11.2009

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Antonio Scurati (Napoli, 1969) è uno scrittore italiano.
Docente e ricercatore all'Università di Bergamo, coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Sempre presso l'Università di Bergamo insegna Teorie e tecniche del linguaggio televisivo. Nel 2005 Scurati diviene Ricercatore in Cinema, Fotografia, Televisione. Nel 2008 si trasferisce alla Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, dove svolge l'attività di ricercatore e docente titolare nell'ambito del Laboratorio di Scrittura Creativa e del Laboratorio di Oralità e Retorica.
Ha pubblicato il saggio Guerra. Narrazioni e culture nella tradizione occidentale (2003, finalista al Premio Viareggio). Il suo romanzo Il Sopravvissuto (Bompiani, (2005) ha vinto la XLIII edizione del Premio Campiello.
Nel 2006 è stato pubblicato in una nuova versione il suo romanzo d'esordio, Il rumore sordo della battaglia.
Nel 2006, presso Bompiani, è uscito il saggio "La letteratura dell'inesperienza. Scrivere romanzi al tempo della televisione": una riflessione su media, dadaismo, letteratura e umanesimo. Collabora con il settimanale Internazionale e con il quotidiano La Stampa.
Nel 2007 viene pubblicato Una storia romantica. Nello stesso anno realizza per Fandango il documentario La stagione dell'amore, un film che indaga sul tema dell'amore nell'Italia contemporanea riprendendo l'inchiesta realizzata nel 1965 da Pier Paolo Pasolini in Comizi d'amore. [1]
Nel 2009 ha pubblicato "Il bambino che sognava la fine del mondo". Un romanzo che descrive impietosamente la fame di tragici eventi che hanno i mass-media e il mondo dell'informazione in generale.

sabato 14 novembre 2009

La lunga ombra degli RFID ( articolo di Marco Cedolin e Alba Kan )


L'articolo che segue è ad opera di Marco Cedolini e Alba Kan. Tratto dal blog di Marco Cedolin.

Sempre più spesso negli ultimi anni le parole chip o R-Fid (la sigla significa Radio Frequency Identification Devices) stanno entrando prepotentemente nelle nostre vite, spesso passando dal buco della serratura, contenute nell’ambito di progetti ed iniziative apparentemente innocue e finalizzate a migliorare la qualità della nostra vita. La questione risulta comunque ancora sconosciuta ai più e viene spesso relegata nel novero degli argomenti di natura fantascientifica trattati dai “complottisti”, nonostante questi piccolissimi oggetti super tecnologici siano oramai ovunque e negli ultimi anni ci sia stata una vera e propria invasione, riguardo alla quale non siamo stati informati, costringendoci di fatto a subire l’imposizione di qualcosa che non conosciamo.

Il chip RFID è sostanzialmente una tecnologia utilizzata per l' identificazione di oggetti, animali o persone attraverso la radiofrequenza, basata sulla capacità di memorizzare e accedere a distanza a dati usando dispositivi elettronici detti TAG. Si tratta di un sistema di lettura "senza fili"che è costituito da un microchip contenente dati (tra cui un numero univoco universale scritto nel silicio), e da un lettore, una o più antenne per inviare il segnale di lettura e ricevere le risposte, e uno o più Tag RFID.
I chip RFID si dividono in attivi o passivi, i primi sono dotati di minuscole batterie che li rendono energeticamente autonomi, i secondi non possiedono fonti di energia proprie e vengono attivati attraverso un lettore di RFID che dona loro energia. Naturalmente, nonostante si tratti di una tecnologia in continua evoluzione gli RFID attivi sono più costosi ed “ingombranti” rispetto a quelli passivi, ma si prestano ad un maggior ventaglio di utilizzazioni. Un RFID passivo tradizionale è grande meno della metà di un francobollo ed ha lo stesso spessore di un foglio di carta. I modelli tecnologicamente più avanzati hanno però già raggiunto dimensioni estremamente più piccole, arrivando alla grandezza di un granello di sabbia ed è già possibile inserirli all’interno dell’inchiostro utilizzato per stampare, riducendoli in questo modo alla grandezza di un puntino di sospensione e rendendoli di fatto praticamente invisibili. Anche le dimensioni ed i costi degli RFID attivi stanno comunque riducendosi progressivamente, attraverso l’utilizzo di batterie sempre più microscopiche ed economiche.

Nessun cittadino conosce la portata dell'invasione di questi dispositivi, dal momento che la diffusione degli RFID sta avvenendo sottotraccia e proprio per questa ragione nessuno si domanda se possano essere pericolosi per l'uomo o per gli animali. L'unica cosa certa è che l'industria degli RFID sogna di installare tali lettori praticamente in qualsiasi oggetto di questo pianeta, a partire da tutti i prodotti commerciali che giornalmente acquistiamo all’interno dei supermercati, dalle lattine di coca cola ai rossetti, dai prodotti di abbigliamento a quelli per la pulizia della casa. Dopo essere già riuscita a diffonderli in una svariata serie di strumenti di uso comune, basti pensare ai bancomat, alle carte di credito ed alla tecnologia telepass.
Il tutto con l'aiuto dei media che sono deputati ad enfatizzare i presunti benefici dell’operazione, sottacendo completamente i rischi sia nell’ambito della privacy, sia per quanto riguarda la salute dei cittadini. L’applicazione della tecnologia RFID non si limita oltretutto all’ambito commerciale (spazio all’interno del quale è stata presentata come innocuo strumento di gestione dei magazzini) ma abbraccia ed abbraccerà molti altri campi come quello sanitario e quello militare. Oltre al ministero della Difesa statunitense sono molte le multinazionali che a vario titolo si sono fino ad oggi manifestate interessate all’uso della tecnologia RFID, fra esse si possono annoverare colossi quali IBM, Wal – Mart, Tesco, Gilette, Procter & Gamble, Metro, Benetton e molti altri.

In molti ospedali Usa, ai malati di Alzheimer è stato impiantato un microchip, perchè "così non si perdano quando vagano senza una meta". Alla TV si vedono scene commoventi di bambini che hanno trovato il proprio cagnolino smarrito, grazie all'impianto RFid, ma non si parla mai dei casi in cui gli animali sono morti a causa di questi impianti, oppure sono rimasti paralizzati.
Qualche anno fa l'agenzia Associated Press ha riportato uno studio del 1996 effettuato sui topi dalla tossicologa Keith Johnson che imputava all'impianto di microchip l'insorgenza di tumori maligni in rapida crescita sui roditori.
Secondo alcuni esperti l'impianto sottocutaneo di un RFID, tramite la semplice iniezione, agli animali e come sta già succedendo in alcune nazioni, anche nell'uomo, provoca il cancro, non ci sono ancora dati certi, ma nel dubbio non è meglio fare una seria sperimentazione?

In Europa alcuni ricercatori hanno confermato che la radiazione elettromagnetica (nota come energia EMF) emessa dai lettori RFID (e anche dai cellulari), causa danni al DNA umano.
Lo studio "Reflex", finanziato dall'Unione Europea, e che è durato ben 4 anni, ha scoperto che "le cellule esposte alle EMF hanno mostrato un significativo aumento delle rotture del DNA sia al singolo che al duplice filamento".
"Il danneggiamento resterebbe in eredità alla generazione successiva di cellule".
Vista l'attuale invasione di lettori RFID, è molto difficile evitarli.

E in Italia? A che punto siamo?

Anche qui è in atto una campagna propagandistica rivolta a sottolineare benefici e nascondere i rischi. Il pretesti migliori anche in questo caso sono costituiti dalla sicurezza e dalla salute, e quest'ultima visti i numerosi casi di malasanità in Italia automaticamente rientra nella questione "sicurezza". Per l'ospedale Niguarda Ca' Granda di Milano, dei braccialetti con RFID sono la soluzione agli "errori medici", così nel 2006 inia ha portato avanti una sperimentazione con Intel, per "la realizzazione di un progetto destinato a migliorare la qualità delle cure e del rapporto medico-paziente e a prevenire errori medici e chirurgici". Suona bene come spot, ma ricordiamoci che i casi peggiori di malasanità in Italia sono dovuti a diagnosi ed interventi sbagliati di medici non abbastanza preparati, non di certo alla somministrazione di medicinali sbagliati.
Un altro esempio di sperimentazione negli ospedali è il progetto "Quo Vadis" nel comune di Lavagno (VR), un ecomostro (ovviamente privato) che di per se è poco salutare, vista la distruzione della collina dove sorgerà, ma sarà anche un' "ospedale virtuale", i volontari che si sottoporranno ai test indosseranno un bracciale, una maglietta, un microchip, che registreranno ovunque si spostino, pressione venosa, arteriosa, equilibrio metabolico e temperatura corporea, tutto controllabile ed accessibile 24h su 24 via satellite!

Gli RFID si stanno insinuando anche nelle scuole, nel 2006 nell 'Istituto Tecnico Industriale Statale Vittorio Emanuele Marzotto a Valdagno (VI) è stato avviato un progetto scolastico per la creazione di un sistema in grado di rendere i processi scolastici di registrazione delle presenze, dei voti. Attraverso la tecnologia RFID vengono gestiti gli accessi al sistema e le presenze degli alunni vengono automaticamente registrate dalle applicazioni all'ingresso a scuola. Sparirà il vecchio appello fatto dai professori al mattino, e forse sparirà anche il compito di educare i ragazzi alla responsabilità verso i loro compiti, ad esempio quello di andare a scuola?
Un ragazzo che non marina la scuola lo farà per senso di responsabilità o per paura del chip che lo controlla?

Abbiamo un RFID anche per non smarrire il bagaglio (come il cane?) in aeroporto. A metà luglio Alitalia e Aeroporti di Roma hanno firmato un accordo che prevede una nuova tecnologia per i terminali di Roma Fiumicino.
E anche le Ferrovie dello Stato, note per la propria scarsa credibilità e per la propensione a dissipare in progetti inutili il denaro pubblico, non sono da meno riguardo a nuovi accordi per nuove sperimentazioni, che se non giovano ai cittadini, di sicuro giovano alle tasche di qualcuno.

I Chips più propagandati e anche più diffusi sono di sicuro quelli delle carte di credito,
lo spot di tutte le banche è pressoché lo stesso "garantiscono una maggiore sicurezza nei pagamenti e nei prelievi di denaro contante", "assicurando ai clienti il più elevato livello di sicurezza", come tra l'altro prevede la normativa europea Sepa che sarà obbligatoriamente adottata (cioè imposta) per tutte le nuove carte a partire dal 2011.
Ma le carte con microchip sono già milioni, Visa, Mastercard, American Express le hanno già lanciate sul mercato e in Italia anche Poste Italiane, ha il suo progetto in atto: Postepay Postemobile, che pubblicizza i pagamenti veloci.

Non è il caso di informarsi e stare attenti? Dai nostri vicini di casa in Francia, sono già stati presentati nel 2003, i "Chip sottopelle per pagamenti veloci", secondo la propaganda di chi vuole piazzarli sul mercato "il grande vantaggio di un RFID di questo tipo è nella sicurezza, perché se una card o un altro oggetto per pagamenti dotati di RFID può essere perduto, VeriChip si trova invece sempre e comunque con il suo legittimo proprietario". Invece secondo l' associazione per la privacy nell'era digitale,EPIC quando una carta di credito viene rubata, tutto quello che uno deve fare è chiamare l'azienda che l'ha rilasciata. In questo caso se qualcosa va storto invece che alla banca ti chiedono di rivolgerti ad un chirurgo. Non ha senso passare da una carta, controllata dall'individuo, ad un chip che non può essere controllato".


Il punto è che oggi è già stato ampiamente dimostrato quanto una carta di credito con chip sia tutt'altro che sicura. Tutte le carte di credito con Rfid possono essere clonate come quelle vecchie. Tutti i dati contenuti negli Rfid di carte di credito, passaporti e carte d'identità possono essere letti anche a distanza utilizzando lettori con antenne amplificate, e a quel punto clonare non è un problema.
Il Parlamento europeo ha approvato una modifica al regolamento sul passaporto digitale: oltre alla foto digitale, già prevista dal 2006, il documento dovrà contenere due impronte digitali. Le nuove disposizioni vengono applicate a partire dal 28 giugno 2009.
Alessandro Bottoni, esperto di nuove tecnologie, nel suo blog ha illustrato alcune tecniche, in parte già messe a segno, che consentono proprio di sottrarre dati riservati ai dispositivi dotati di sistemi biometrici e di clonare passaporti e simili.
In Italia in alcune regioni è già stata avviata a sotituzione dei passaporti, con quelli nuovi dotati di Rfid.

Ed è interessante focalizzare l’attenzione sul bombardamento mediadico che stiamo subendo riguardo al digitale terrestre.L’operazione viene presentata come una nuova opportunità, ma in realtà si rivela una vera imposizione, dal momento che nessuno può rifiutarla!
L’uso crescente di RFID necessita di un maggiore e crescente uso della banda UBF-UHF, a questo scopo negli Stati Uniti, ma come ben possiamo vedere anche in Italia, si sta attuando un progetto per l'abbandono delle frequenze UHF-VHF entro il 2009, e stiamo riscontrando giorno dopo giorno come le regioni man mano stiano passando al digitale terrestre, tanto pubblicizzato da alcuni mesi.
Tutto questo perchè i chip Rfid, funzionano con la banda UHF e VHF, fino ad oggi sovraccarica di segnali televisivi che interferirebbero con un uso massiccio della tecnologia RFID. E’ interessante a questo proposito leggere ciò che ha rivelato Patrick Redmond, che ha lavorato in IBM per 31 anni.

Negli Stati Uniti sono circa 800 gli ospedali che mettono chip ai loro pazienti, 4 ospedali di Puerto Rico hanno impiantato chip al braccio di malati di Alzaimer, per la modica cifra di 200 $.
E se qualcuno pensa che la cosa non ci riguardi, si sbaglia.
Dal 4 novenbre infatti all'Ospedale Bambin Gesù di Roma è stato dato il via ad un insolito esperimento, avente per oggetto 200 pesone, tra infermieri, pazienti e visitatori che indosseranno per una decina di giorni circa, dei Chip, deputati a registrare la loro posizione e i loro contatti. L' esperimento in anteprima mondiale ha lo scopo di "misurare" come la vicinanza tra le persone influisca sulla diffusione delle malattie, in particolare quelle a trasmissione aerea e le infezioni ospedaliere.
I ricercatori dell'Institute of Scientific Interchange (ISI) di Torino, e l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), assicurano che tutto è stato pianificato nel rispetto delle norme sulla privacy e che la scarsa potenza dei chip non provocherebbe nessun inquinamento elettromagnetico, ma al contrario tutto lascia supporre che un rischio per la salute umana esista.
Cosa succederà quando saremo invasi da milioni di microchip, per i quali ci stanno obbligando a comprare un decoder? E quali strumenti avrà il cittadino per riuscire a reagire ad una tecnologia dalle potenzialità sconosciute, diffusa mistificando la realtà, magari utilizzando come veicolo ideale per il suo sdoganamento proprio la campagna di terrore creata ad arte attraverso la pandemia dell’influenza suina?


P.S.
Aggiungo, al termine di questo articlo, un consiglio di lettura:

SpyChips , edito da Arianna Editrice