giovedì 28 aprile 2011

IL CAVALIERE E’ COTTO ! GLI ALTRI…PEGGIO ! NOI..”Avanguardia”…!. ( articolo di Stelvio Dal Piaz )

Il seguente articolo, a firma di Stelvio Dal Piaz, è tratto dal sito del Centro Studi Socialismo Nazionale.

Il cavaliere é cotto e l’Italia é allo sbando.
Ma non solo l’Italia, é l’Europa e il mondo che sono al collasso perché in balia di giochi perversi estranei agli interessi dei popoli.
Nello specifico del nostro paese Berlusconi e la sua armata “brancaleone”,  non sono più in grado di controllare la situazione interna e gli affari di politica estera, sia pure nel ristrettissimo ambito di manovra consentito da una sovranità limitata qual’é quella del paese Italia a seguito dell’esito infausto della 2a Guerra mondiale.
Alternative politiche valide non se ne intravedono, anzi – come si dice nel Veneto – la pezza sarebbe ancora più evidente del buco. Questo é il dato di fatto che sta emergendo nella realtà quotidiana. Occorrerebbe che l’intera classe politica, di governo e di opposizione – in uno slancio di onestà intellettuale – spiegasse con estrema chiarezza ciò che sta accadendo dietro le quinte degli avvenimenti mondiali e rivelasse, finalmente, quello che i “padroni del mondo” vogliono in realtà e cioè creare un potere economico mondiale superiore a quello politico dei singoli governi nazionali.
La cupola plutocratica giudaico massonica sta consolidando, a livello globale, gli interessi delle multinazionali e delle grandi banche attraverso il controllo politico dei governi nazionali che, sempre più spesso, vengono trascinati nelle ormai famose guerre umanitarie”, riesumando l’antica filosofia crociata seconda la quale “c’è sempre un Santo Sepolcro da liberare”.  Organizzazioni private come il BILDERBERG GROUP, il COUNCIL OF FOREIGN RELATIONS (C.F.R. ), la TRILATERAL COMMISSION (T.C. ), stanno lavorando per creare il “nuovo ordine mondiale”. Questi gruppi servono a diffondere e a coordinare i piani di questo “nuovo ordine” nei settori vitali degli affari, della finanza, dell’economia, della cultura, della politica, dell’ amministrazione. Occorre prendere atto che le attuali democrazie rappresentative si basano su governi eletti, su un Capo di Stato, e organi legislativi, i quali possono essere “scaricati” creando delle crisi orchestrate a tavolino tramite un terzo potere – quello delle Banche centrali private – che di fatto li finanzia.
Le politiche monetarie delle Banche centrali sono stabilite dagli uomini affiliati alle organizzazioni criminali sopra indicate e controllano la circolazione della valuta, il credito nazionale, i tassi di interesse e, ogni volta che un governo non l’asseconda, usano il loro potere per orchestrarne la caduta. Le tre organizzazioni citate appartengono ad una élite egoista che protegge la propria ricchezza ed i propri investimenti in banche internazionali e in multinazionali attraverso l’espansione dell’economia a discapito dello sviluppo delle singole nazioni. Le politiche che esse promuovono portano benefici unicamente a loro, con lo scopo finale di sottomettere tutti ad un unico governo mondiale.
Michael Thomas, noto operatore di Wall Street, il 28 maggio 1999 ebbe a dichiarare al “SHC News”: “Se i membri del Bilderberg sembrano essere più restii del solito ad apparire sui media, è  perché – tra le altre ragioni – si rendono conto che le toro principali strutture, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, hanno causato un numero di devastazioni umane molto superiore a quello seguito alla 2a Guerra mondiale.”
La stampa del cosiddetto “mondo libero” è completamente asservita alla volontà della propaganda dei membri di queste organizzazioni (Bilderberg, C.FR, T.C.). Tramite il denaro hanno ottenuto grande influenza sui media; tramite i media hanno ottenuto il controllo sulla pubblica opinione; tramite la pressione della pubblica opinione hanno ottenuto una grande influenza sui politici e, avendo corrotto i politici, stanno prendendo il controllo delle nazioni.
Richard Salent, ex presidente della “C.B S. News”,  affermò: “Il nostro lavoro non consiste nel dare alla gente quello che vuole, ma nel decidere cosa deve volere”. Lo scopo principale e finale è quello di eliminare la struttura politica dello “Stato-Nazione” per instaurare un impero mondiale neo-coloniale.
Altre organizzazioni private da tenere sotto stretto controllo ed in attenta considerazione sono il “TAVISTOCK INSTITUT FOR BEHAVIOURAL ANALYSIS” centro di ricerca sui comportamenti umani e il “RAND INSTITUTE”, entrambe fondate dai Rockefeller. Nel 1973, David Rockefeller li definì utili per “operare il lavaggio di massa del cervello”.Come spiega perfettamente Coleman nel suo libro “ il Tavistock e le fondazioni similari”  hanno un solo obiettivo in mente: “spezzare le forze emotive della gente e renderle impotenti di fronte ai dettami del nuovo ordine mondiale “.
L’edizione di febbraio del 1971 del magazine russo “International Affairs” di Mosca, riportava un articolo intitolato “Metodi e conseguenze di un’espansione ideologica degli Stati Uniti” che analizzava gli effetti della propaganda statunitense: “Si possono suddividere le operazioni psico-politiche in operazioni psico-politiche strategiche, che si concentrano sulla propaganda rivolta a piccoli gruppi di persone come esperti accademici in grado, a loro volta, di influenzare l’opinione pubblica, e operazioni psico-politiche tattiche che, tramite i mass media (giornali, radio, televisioni, libri di testo, materiale divulgativo, arte, intrattenimento. ecc.),  spostano la propaganda sulle masse.”
Ovviamente i membri (i cui nomi sono ormai identificabili !) delle organizzazioni citate hanno anche influenza determinante sulle decisioni degli organismi sovranazionali quali l’O.N.U. ed il tristemente famoso Tribunale Internazionale che si arroga la competenza di amministrare la giustizia sottraendo gli imputati al loro giudice naturale e secondo un codice di valutazione che rappresenta un “vulnus “dei principi giuridici che sono a fondamento del diritto delle singole Nazioni.
Da questa analisi, sia pure molto sintetica per ovvii motivi di spazio e che é partita dalla umiliante situazione della politica italiana, dobbiamo trarre la conclusione che, nel contesto descritto, anche la stessa partecipazione alle elezioni é una delle tante operazioni inutili, anzi dannose, dal momento che sono tutte funzionali al perverso disegno mondialista.
Compito primario dei gruppi antagonisti, di cui il Centro Studi “Socialismo Nazionale” si considera avanguardia, è quello della “resistenza” e della contro informazione capillare e puntuale al fine di rompere il meccanismo creato dalla cupola plutocratica con lo scopo di distruggere la struttura dello Stato-Nazione.
Non dobbiamo mollare perché la soluzione del conflitto tra noi e loro é ancora lontana dalla conclusione anche perché gli inganni, gli intrighi, le menzogne, le manipolazioni dei media e degli uomini che ci governano – alla lunga – non reggeranno alla reazione di coloro che sognano di poter vivere da uomini liberi, orgogliosi della loro identità nazionale, dell’appartenenza alla stirpe, della loro storia, delle loro tradizioni culturali e civili, in sintesi della loro civiltà.
Noi non dimentichiamo il passato perché vogliamo, fortemente vogliamo, costruire un avvenire di libertà per i nostri figli e i nostri nipoti. Noi non ci rassegniamo allo “status quo” perché siamo CONSAPEVOLI che la vita dei popoli e delle nazioni non può essere legata soltanto alla crescita del PIL, che l’attuale classe dirigente corrotta e asservita alla cupola usurocratica non potrà risolvere i nostri problemi esistenziali, che solo il primato della politica sull’economia può garantire un’equa distribuzione delle ricchezze.
Noi siamo fermamente CONVINTI che riusciremo nuovamente a seppellire il liberismo economico e che torneranno di attualità i concetti espressi da Mussolini il 14 novembre 1933: “Noi abbiamo respinto la teoria dell’uomo economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce. L‘uomo economico non esiste, esiste l’Uomo integrale che è politico, che è economico, che è religioso, che è guerriero.”

(Stelvio Dal Piaz)

Bibliografia:
“Daniel Estulin – “Il Club Bilderberg”.  La Storia segreta dei padroni del mondo- Arianna Editrice euro 18,50

venerdì 22 aprile 2011

Porocan ( articolo di Eugenio Benetazzo )

Il seguente articolo è a firma dell'operatore di borsa, Eugenio Benetazzo.

Il Sig. Francesco è un pensionato di Vicenza che ha visto crollare del 30% il valore dell’appartamento residenziale che aveva acquistato con la liquidazione mettendolo tosto in affitto al fine di integrare la sua modesta pensione. Investire la liquidazione in obbligazioni o in titoli di stato ? Dopo Argentina e Parmalat, meglio un decoroso appartamento residenziale in Viale S. Lazzaro in prossimità del centro storico della città del Palladio, almeno affitto e controvalore dell’investimento sono sicuri e garantiti. I suoi sogni di serenità finanziaria sono ben presto svaniti dopo la trasformazione che ha subito il quartiere in pochi anni diventando un ghetto multietnico di nigeriani, marocchini, rumeni e cinesi, senza dimenticare una serie di servizi accessori (prima inesistenti) che arricchiscono notevolmente l’appeal del quartiere: prostituzione e spaccio di droga lungo ed in largo le strade e gli appartamenti.

Risultato ? Gli italiani hanno iniziato a svendere uno con l’altro le abitazioni con una gara al ribasso degna di un crollo di borsa. Adesso il Sig. Francesco si trova con un immobile deprezzato e non ci pensa proprio ad affittare ad extracomunitari (viste oltretutte le problematiche di riscossione in caso di inquilini morosi nel pagamento dei canoni). Destino beffardo ! Proprio lui che per decenni ha votato prima la sinistra e dopo il centro sinistra, appoggiando con etica cristiana i processi di integrazione a favore di etnie extracomunitarie. Porocan (in dialetto veneto significa poveretto) ! Pensare che ora è il primo nella fila a denigrare quelle scellerate e libertine politiche immigratorie senza alcun vincolo meritocratico.

In questi giorni i media nazionali continuano a concentrasi sugli sbarchi dei clandestini (e non migranti, non capisco perché in pochi giorni è stata cambiata anche la loro definizione) e su cosa deve o dovrebbe fare l’Unione Europea per aiutarci a risolvere questa situazione di emergenza. Nessuno tuttavia si è mai soffermato a raccontarci i fenomenali benefici economici che abbiamo ottenuto dall’immigrazione extracomunitaria. Sicuramente qualcuno che legge mi darà ora del razzista o del leghista, non me ne preoccupo il suo lamento rappresenta una voce statisticamente poco rilevante, infatti dagli ultimi sondaggi ormai oltre l’80% degli italiani è unanime nel pensiero: basta con gli extracomunitari !

Ce ne accorgiamo tutti a distanza di tempo: ci avevano promesso che sarebbero entrati tecnici specializzati, architetti, docenti, ricercatori e professionisti qualificati, invece ci troviamo con manovali generici, camerieri che parlano a mala pena l’italiano, badanti, prostitute e spacciatori. Persino il primo ministro inglese, David Cameron (forse il migliore primo ministro del pianeta al momento) ha sentenziato di recente la fine ed il fallimento del multiculturalismo. Questo non è razzismo, ma semplicemente buon senso, quello che avremmo dovuto avere tempo addietro clonando le politiche di immigrazione più severe al mondo come quella svizzera ed australiana.

Gli extracomunitari sono responsabili di rimesse verso l’estero dal nostro paese per miliardi e miliardi di euro (stima ufficiale tra i sei e sette miliardi ogni anno), hanno provocato ed indotto un abbassamento dei livelli medi salariali delle maestranze operaie italiane, hanno prodotto fenomeni di microcriminalità ove prima non vi era, hanno causato la decadenza e rallentamento dei programmi scolastici nelle scuole dell’obbligo (a causa della presenza di bambini e ragazzi che non sanno parlare e scrivere perfettamente la lingua italiana), hanno portato alla ghettizzazione dei quartieri residenziali: ovunque nel mondo ci si rende conto di questo, persino nei paesi scandinavi (con la Svezia in pole position) in cui la popolazione si è sempre dimostrata molto disponibile al diverso.

Tuttavia fin tanto che avremo ancora una minoranza della popolazione costituita da finti perbenisti (o dai loro figli che girano in Porsche, con vestiti firmati tipo Prada e Jeckerson) che rinnegano scioccamente quanto sopra, i prossimi “porocan” saranno tutti gli altri italiani, i quali a distanza di una dozzina d'anni si chiederanno di come sia stato possibile lasciar degradare il paese verso il basso senza opporre alcuna sensata resistenza. A quel punto aspettatevi anche un peggioramento del quadro macroeconomico per l’intero paese, ricordo ancora per chi non lo sapesse che la causa del collasso dei mutui subprime in USA è stata una scellerata politica di immigrazione affiancata da una fuorviante politica di assistenza finanziaria con sussidi di stato alle classe sociali più deboli (fatalità proprio quelle immigrate). Chi è causa del suo male, pianga se stesso.

venerdì 15 aprile 2011

Caro Vittorio, riposa in pace ( articolo di Angela Lano - InfoPal )

Il seguente articolo, è dell'attivista Angela Lano di InfoPal.

Vittorio è stato assassinato, e noi non riusciamo a farcene una ragione. Non ci riusciremo mai.

Vittorio era una cara persona, un amico, una sorta di icona. Non sempre ho condiviso tutto ciò che diceva, ma anche in questo poggia l'amicizia.
Ricordo quando lo incontrai a Gaza, poco dopo l'Operazione israeliana Piombo Fuso. Girammo insieme per le strade distrutte, per gli ospedali bombardati, tra la gente che ci salutava con affetto.
Lui era consapevole del rischio in cui viveva, giorno dopo giorno, ma quella sua aura di combattente nonviolento e pacifico, e onestamente arrabbiato, era un incoraggiamento per tutti noi. Un esempio di dedizione di attivista e giornalista.
In queste ore, certa spazzatura mediatica italiana, quella contro cui lui tante volte aveva alzato la voce e la penna, lo sta dipingendo come un eroe romantico votato alla morte. Una sorta di folle che è andato a cercarsi grane. Anche noi, giornalisti e attivisti della Freedom Flotilla1, l'anno scorso siamo stati dipinti, da media e persone senza etica e morale, come gente alla ricerca di guai.
Vittorio non è stato ucciso mentre era in barca con i pescatori, presi giornalmente di mire dalla Marina israeliana, vera armata criminale, o dai proiettili dell'artiglieria israeliana nelle buffer zone, le zone cuscinetto formate con altre terre rubate ai palestinesi dall'esercito di Israele: è stato assassinato da manovalanza locale e estera legata a gruppuscoli salafiti, la cui azione non può che beneficiare Israele e le sue politiche oppressive.
Cui prodest? Tutta la storia ha troppi lati bui - di cui alcuni dei miei colleghi del gossip indecente protrebbero invece occuparsi: se è vero che l'avevano rapito per uno scambio di prigionieri con il governo di Gaza (ma poi, perché lui e non un militante di Hamas, per esempio?), perché ucciderlo poco dopo il sequestro? Perché ferirlo (il video con l'ambulanza piena di sangue parla chiaro)? Perché non rispettare il termine auto-imposto delle 30 ore?
Perché era una trappola, una scusa. L'obiettivo era di UCCIDERE Vittorio, non di scambiarlo con prigionieri salafiti. Lui era il target.
Basta scorrere le "analisi" nei siti di certi quotidiani, sentire ciò che dicono certi Tg e trasmissioni Tv, leggere alcuni commenti su YouTube, per capire che i musulmani, i palestinesi sono l'altro target di questo barbaro omicidio: essi sono additati come terroristi, arretrati, criminali.
Il messaggio che passa è proprio questo: "Un attivista idealista ha sacrificato la propria vita per un branco di pazzi arretrati e sanguinari. La Striscia di Gaza non merita considerazione. Si meritano ciò che hanno e Israele ha ragione". E subito dopo: "La Freedom Flotilla per Gaza non ha senso".
Con questo omicidio, gli esecutori e i loro mandanti raggiungono due grandi obiettivi in un colpo solo: screditate la popolazione di Gaza assediata, e il governo Hamas, e spaventare le nazioni aderenti alla Freedom Flotilla. E' un messaggio di morte inequivocabile. E, allo stesso tempo, è una beffa verso tutti i palestinesi, vittime delle violenze e dell'assedio israeliani.
Vittorio non era un romantico folle e incosciente, vittima del proprio sogno utopico, ma uno dei tanti martiri provocati dalla stessa criminale macchina da guerra e dai suoi ascari - che siano, a seconda dei casi, dei buzzurri salafiti, dei furbi e corrotti dell'ala dahlaniana di Fatah, o agenti del Mossad, poco ci importa.
Minacce a Vittorio da organizzazioni sioniste. Era consapevole che vivendo e resistendo a Gaza, avrebbe potuto essere ucciso, sì, ma da ISRAELE: "Abbiamo fatto questa scelta e siamo consapevoli del rischio. Sappiamo che siamo un target, tra di noi volontari ne parliamo tutti i giorni e sappiamo che forse non ci saremo tutti, alla fine. Vogliamo portare avanti questo impegno preso con i medici, anche se ora bersagliano pure le ambulanze e noi non siamo più un deterrente..., ma loro ci chiedono di restare, vogliono che filmiamo, che raccontiamo all'Occidente cosa accade qui, nell'inferno di Gaza". E' quanto ci disse durante un'intervista, sabato 11 gennaio 2009.
In quell'occasione, Vittorio, Vik, come si faceva chiamare, ci disse di essere nel mirino di militanti sionisti che dal sito http://stoptheism.com/ avevano lanciato un appello per l'assassinio suo e di suoi colleghi dello ISM:
"Vittorio Arrigoni e i suoi colleghi dell'ISM sono nel mirino di http://stoptheism.com/, un sito di criminali che invita a uccidere i volontari che prestano servizio a Gaza e di quelli che prendono parte ai viaggi del Free Gaza mov. Se fosse un sito islamico il media gli avrebbero dato prima pagina e i politici si sarebbero prodigati in condanne indignate, ma è un sito di estremisti israeliani, e il mondo tace". 
Che sotto la copertura dei "salafiti" o di "al-Qai'da", la mano assassina abbia finalmente coronato il proprio piano, è quasi una certezza.
E proprio ricordando Vittorio, non posso che ribadire che, come giornalisti, abbiamo il dovere di porci delle domande su cause ed effetti, sui tanti "cui prodest" di un così feroce assassinio. 
Vittorio, ti vogliamo bene. Ci mancherai molto. Riposa in pace.

Addio, Vik ( articolo di Luca Galassi - PeaceReporter )

Il seguente articolo, è a firma di Luca Galassi del sito PeaceReporter

Vittorio Arrigoni è stato strangolato dai rapitori durante un blitz dei miliziani di Hamas nella casa in cui era tenuto ostaggio a Gaza City

Vittorio Arrigoni è morto. Il suo corpo è stato trovato questa notte intorno alle 1.50 in un'abitazione nella Striscia di Gaza, nel quartiere Qaram, periferia di Gaza City. La notizia è stata dapprima diffusa da fonti di Hamas e poi confermata a PeaceReporter da un'attivista dell'International Solidarity Movement. Hamas, il movimento islamico che controlla il territorio della Striscia, non è riuscito a mediare per la sua liberazione. O forse non ci ha nemmeno provato. Secondo quanto riferito dal portavoce del movimento, dietro indicazione di uno dei membri del gruppo ultra-radicale interrogato nel primo pomeriggio, le forze di sicurezza avrebbero circondato l'area nella quale era detenuto Vittorio, dando luogo a un'irruzione sfociata in uno scontro a fuoco, in seguito al quale alcuni militanti salafiti sarebbero stati feriti, due di loro arrestati, mentre altri ancora sarebbero ricercati.
Non è chiaro come e quando Vittorio sia stato ucciso, anche se il portavoce di Hamas, Yiab Hussein, ha dichiarato in una conferenza stampa tenutasi poco dopo le 3 di stanotte, che Arrigoni era morto circa tre ore prima, senza però spiegare come fosse stato possibile stabilire il decesso con tale esattezza. Una militante dell'Ism si è recata sul luogo del ritrovamento e ha riconosciuto il corpo alle 3.10. "Aveva le mani legate dietro la schiena, e giaceva supino su un materasso". La ragazza ha raccontato a PeaceReporter che la sicurezza di Hamas ha detto anche a lei e agli altri membri dell'International Solidarity Movement giunti nella casa che Vittorio sarebbe morto qualche ora prima del loro arrivo. Il pacifista è stato strangolato, anche se, dal racconto reso a PeaceReporter dalla militante dell'Ism, dietro la nuca presentava contusioni varie. "Aveva ancora la benda intorno agli occhi, e perdeva sangue da dietro la testa. Sui polsi c'era il segno delle manette".
La sera prima del rapimento Arrigoni era andato in palestra. Poi aveva chiamato per prenotare il ristorante dove spesso era solito recarsi a cena. Aveva detto che sarebbe arrivato verso le 22. Alle 22.30, non vedendolo arrivare, lo chiamano dal ristorante. Ma Vittorio non risponde. Nessuno si preoccupa, perchè comunque spegne spesso il cellulare. Dopo la cena avrebbe incontrato un'amica e l'indomani sarebbe andato a Rafah a far visita ad alcune famiglie palestinesi con i compagni dell'Ism, che hanno provato anche loro a contattarlo dopo la palestra. Invano. Vittorio è stato rapito appena uscito dalla palestra.
La sua salma è stata trasferita durante la notte allo Shifa Hospital di Gaza, dove è stato condotto l'esame autoptico e redatto il certificato di morte. Il pacifista italiano era stato rapito ieri da un gruppo islamico salafita che, in un filmato su You Tube, minacciava di ucciderlo se entro 30 ore, a partire dalle 11 locali, il governo di Hamas non avesse liberato alcuni detenuti salafiti. Vittorio è morto dopo che nemmeno metà del tempo concesso dai rapitori si fosse esaurito, ben prima che l'ultimatum scadesse. E' morto senza che neppure l'accenno di un negoziato fosse avviato per la sua liberazione. Purtroppo, a queste domande non sarà facile dare una risposta. Con la sua morte se ne va uno dei più ferventi sostenitori della causa palestinese. Un giornalista di guerra. E un amico. Addio, Vik.

giovedì 14 aprile 2011

Londra scommette su una bancarotta italiana ( articolo di Filippo Ghira - Rinascita )





Il seguente articolo, è a firma di Filippo Ghira del quotidiano "Rinascita".


Quando si dice i corsi e i ricorsi storici. La City londinese entra ancora una volta a gamba tesa nelle nostre vicende politiche, economiche finanziarie. La strada scelta dal Financial Times, organo della speculazione britannica, è quello solito di un articolo di analisi della nostra situazione interna che, vista pura la non particolare stabilità del governo Berlusconi, deve essere letto nella maniera giusta come un siluro in piena regola a un Paese già colpito nei suoi interessi petroliferi in Libia.
Non è un caso infatti che l’attacco a Gheddafi, con la scusa di proteggere i ribelli già armati da britannici e francesi, abbia visto in Londra e Parigi i suoi più decisi fautori, ben felici di fare uno spezzatino di Tripolitania e Cirenaica e impossessarsi del petrolio e del gas dei suoi giacimenti e battere fuori gli italiani.
Nel caso di Berlusconi poi, si tratta di una avversione antica che il FT è stato ben lieto di cavalcare di nuovo considerato che il Cavaliere, sceso in campo politico nel 1994, scompigliò i piani di Wall Street e della City che volevano spazzare via la DC e il PSI, e il sistema italiano di economia mista, e portare al governo il PCI-PDS ormai divenuto socialdemocratico e legittimato a governare in cambio dell’avvio del processo di privatizzazioni delle imprese pubbliche, come ENI, Enel e Telecom. Un processo che ritardò di poco e che venne ripreso alla grande dai governi di Prodi, D’Alema ed Amato (1996-2001). Non è infatti un caso che D’Alema, il giorno dopo essere divenuto presidente del Consiglio (autunno 1998), si sia recato appunto alla City di Londra per rassicurare gli gnomi locali sulla fede “liberista” del suo governo, il primo guidato da un post comunista.
Una precisazione necessaria visti i precedenti. Il 2 giugno 1992, mentre l’Italia festeggiava la festa nazionale, la City ci preparava la festa. La crociera del Britannia, da Civitavecchia all’Isola del Giglio, vide infatti radunati sul panfilo reale un bel numero di manager italiani delle imprese pubbliche che vennero intrattenuti sulla necessità di avviare il processo di privatizzazione e quindi svendere le suddette imprese ai privati italiani e stranieri. Una corsa ad imbarcarsi su un panfilo affittato da “British Invisible”, società di promozione del made in Britain, che è spiegabile solo con la presa d’atto che era partita la stagione di Mani Pulite e che si era creato un vuoto di potere che dava l’idea di essere in procinto di allargarsi sempre di più. E quindi i boiardi di Stato furono spinti ad andare a vedere che aria tirava e cercare di capire quali sarebbero stati i nuovi referenti politici. Poi, tanto per fare capire che non si trattava di uno scherzo, nell’autunno del 1992 da Londra (ma anche da Wall Street) partì una massiccia speculazione contro la lira che spinse la Banca d’Italia governata da Carlo Azeglio Ciampi, ad utilizzare quasi tutte le proprie riserve valutarie per contrastarla, anche se era evidente che si trattava di una battaglia persa. Tanto è vero che lo stesso Ciampi fu obbligato a svalutare comunque la lira del 30% e rendere di conseguenza le aziende italiane più convenienti per tale percentuale.
Oggi il copione si sta ripetendo sia pure su un altro scenario e con diversi attori.  E non è un caso che la speculazione contro i titoli di Stato che ha già colpito Paesi come Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, potrebbe interessarsi adesso dell’Italia. L’obiettivo non siamo ovviamente noi come Italia ma noi come membri del sistema dell’euro. La moneta unica, al di là di ogni giudizio che uno possa avere su di essa, sulla Banca centrale europea e sulla cessione di sovranità da parte degli Stati e delle Banche centrali nazionali, continua ad essere vista con profonda avversione sia da Londra (sterlina) che da Washington (dollaro) che temono di vedere progressivamente accantonato il ruolo storico della loro moneta. Colpire pesantemente un Paese come l’Italia, la terza o la quarta potenza economica europea, significherebbe creare una profonda crepa nell’architettura della moneta comune.
L’Italia in effetti ha un debito pubblico enorme, quasi il 120% sul Prodotto interno lordo (a fine dicembre era il 119%) e il 4,5% del disavanzo che, secondo il Patto di Stabilità europeo dovrebbe essere al 3%. Ma questi dati sono compensati da una più alta propensione al risparmio,  una più alta ricchezza delle famiglie, che ad esempio all’80% sono proprietarie della casa nella quale vivono. Una realtà che, a fronte della crisi, sta però cambiando tanto che lo stesso Istat ci ha annunziato che da tempo le famiglie italiane stanno attingendo ai risparmi di una vita.
Per il Financial Times, quindi, l’Italia è la “gran giocatrice d'azzardo” dell'Unione europea. E’ il Paese la cui economia e il cui debito sono abbastanza grandi da poter influenzare il destino della Ue. Se il Portogallo è stato relativamente facile da salvare e la Spagna potrebbe cominciare a creare qualche problemino, l'Italia è decisamente troppo grande per essere soccorsa. Quindi lasciamola fallire, sembra suggerire il FT, simbolo di un Paese che non fa parte del sistema dell’euro ma che anticipa generalmente le scelte degli speculatori e dei governi che ne sono l’espressione politica. E mentre il Portogallo si adopera per ricevere l'aiuto necessario, osserva il FT, il Belpaese è preso da altre faccende con un Berlusconi che affronta il suo ennesimo processo con la sua solita voglia di scherzare. Gli italiani, insiste il quotidiano, si dividono tra quelli che sono divertiti dalle sue follie e quelli che sono sgomenti. C’è poi n'altra parte di italiani che appare preoccupata che le vicende del Cavaliere non facciano comprendere i cambiamenti economici in atto e distraggano dalla necessità di affrontare compiutamente la crisi economica. E quindi, udite, udite,
“negli ambienti finanziari c'è chi si preoccupa che l'Italia venga colpita dalla crisi del debito”. Una crisi che potrebbe essere aiutata dall’esterno con una speculazione che, come nel caso dei Paesi Pigs, (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), Pigs vuol dire porci, verrà condotta cercando di fare cadere il valore di mercato dei titoli di Stato e spingendo quindi al rialzo i rendimenti, tanto da obbligare il Tesoro a dichiarare bancarotta per l’impossibilità di pagare gli interessi. Resta solo da aspettare e vedere quando partirà la speculazione contro l’Italia.

domenica 3 aprile 2011

Agli stranieri i nuovi posti di lavoro ( articolo di Luca Ricolfi - La Stampa )


Il seguente articolo è tratto dal sito web de "La Stampa" ed è a opera di Luca Ricolfi.

La situazione a Lampedusa si complica. Il mare grosso impedisce l’arrivo di nuovi migranti, ma anche il trasferimento sul continente delle migliaia di persone sbarcate nelle ultime settimane. Le navi che dovevano assicurare «in 48-60 ore» (parole di Berlusconi) lo sgombero dell’isola non riescono nemmeno ad attraccare, mentre i tunisini ammassati nella tendopoli pugliese di Manduria fuggono (o sono lasciati fuggire?) scavalcando esili reti di recinzione, o passando attraverso varchi lasciati aperti. Quanto alle Regioni che avevano dato la loro disponibilità a gestire i nuovi arrivati, una dopo l’altra fanno marcia indietro, o come minimo costellano di innumerevoli paletti e distinguo la loro volontà di accoglienza: sì ma solo i rifugiati politici, sì ma non nelle tendopoli, sì ma solo se nessun'altra regione si tira indietro.

Bruttissime figure, dunque, sono in arrivo per il governo in generale (l’ennesima promessa tradita) e per la Lega in particolare, pronta a fare la faccia feroce in campagna elettorale, ma impotente - come chiunque - al momento di affrontare il problema dell’immigrazione.

Già, ma qual è il problema? In questi giorni ho sentito due versioni. Una dice: se l’Europa se ne lava le mani, e noi italiani non riusciamo a rimandarli indietro rapidamente, il segnale di impotenza che inviamo a tutti i disperati del Nord Africa avrà conseguenze catastrofiche, perché i 20 mila migranti di questi mesi (tanti ma non tantissimi) potrebbero rapidamente diventare 50 mila, 500 mila, 1 milione. Per non parlare dei problemi di legalità: uno Stato serio non può accettare che sul proprio territorio circolino o transitino migliaia di persone non identificate, non tutte alla ricerca di un lavoro con cui campare.

C’è anche una seconda versione, che capita di ascoltare soprattutto in casa leghista: li vogliamo rimandare a casa perché in Italia c’è la crisi, manca il lavoro, e quel poco che c’è non basta nemmeno agli italiani. Insomma, i tunisini li vogliamo mandare via non perché siamo razzisti, ma perché c'è la disoccupazione. La prima versione del problema immigrati - un Paese ha diritto di limitare gli ingressi e far rispettare le leggi - pone un mucchio di problemi morali, giuridici, pratici, ma è comprensibile, al limite del puro buonsenso. Sulla seconda versione, che sottolinea la mancanza di lavoro, ho invece molti dubbi. Sembra logica anch’essa, ma lo è meno di quanto appaia a prima vista.


Giusto ieri l’Istat ha comunicato i dati definitivi sull’andamento dell’occupazione nel 2010, nonché i dati provvisori dei primi due mesi dell’anno. Ebbene, quei dati ci forniscono un quadro del mercato del lavoro tutt’altro che sorprendente per gli studiosi, ma in forte contrasto con molte credenze diffuse nel mondo della politica e dei media. Proviamo a sintetizzare. Nei primi tre anni della crisi, ossia fra la fine del 2007 e la fine del 2010, l’occupazione in Italia è diminuita di circa 400 mila unità (senza contare la cassa integrazione). Quella variazione, tuttavia, è il saldo fra un crollo dell’occupazione degli italiani, che hanno perso quasi 1 milione di posti di lavoro, e un’esplosione dell’occupazione degli stranieri, che ne hanno conquistati quasi 600 mila. Nel 2007, prima della crisi e dopo quasi vent’anni di immigrazione, gli stranieri occupati in Italia erano circa 1 milione e mezzo, tre anni dopo erano diventati 2 milioni 145 mila, quasi il 40% in più. Un boom di posti di lavoro nel pieno della più grave crisi dal 1929.


Come è possibile? In parte lo sappiamo: gli italiani, pur non essendo molto più istruiti degli stranieri regolarmente residenti in Italia, non sono disposti a fare tutta una serie di lavori che gli stranieri invece accettano. Ma questa non è una novità. La novità è che durante la crisi l’occupazione straniera è esplosa, e continua a crescere a un ritmo elevatissimo. Anche nell’ultimo anno, con i primi timidi segnali di ripresa, gli italiani hanno perso qualcosa come 166 mila posti di lavoro, mentre gli stranieri ne hanno guadagnati ben 179 mila (+9,1%).

È possibile che una parte dei nuovi posti di lavoro siano state semplici regolarizzazioni, soprattutto relative a «badanti» già occupate. Ma questo meccanismo può spiegare solo una parte dell’aumento, visto che - nonostante la drammatica crisi dell’edilizia - l’occupazione degli stranieri maschi è aumentata di quasi il 30% in soli 3 anni, e continua ad aumentare anche in questi mesi.

La realtà, forse, è un’altra, più difficile da digerire per noi italiani. Nella crisi, il nostro sistema produttivo è diventato ancor meno capace di prima di generare posti accettabili per gli italiani. È per questo che gli immigrati regolari stanno lentamente, ma implacabilmente, diventando uno dei segmenti più dinamici e attivi della società italiana, come mostrano l’andamento del tasso di disoccupazione (in calo per gli stranieri ma non per gli italiani), il contributo al Pil, il valore delle rimesse verso i Paesi d’origine, il moltiplicarsi in ogni parte d’Italia delle partite Iva e delle micro-imprese gestite da immigrati: negozi, bar, officine, aziende di trasporti e di servizi. È triste ammetterlo, ma gli stranieri occupati in Italia sono diversi da noi non già perché «loro» sono meno istruiti e meno ricchi, ma perché somigliano a quel che noi stessi eravamo negli Anni 50: un popolo uscito da mille difficoltà e determinato a conquistarsi un futuro a colpi di sacrifici e duro lavoro.


Visto da questa angolatura il problema dell’immigrazione assume contorni un po’ diversi. Sul versante del mercato del lavoro, il problema dell’Italia - per ora - non è di essere invasa dagli stranieri, ma di essere più adatta agli stranieri che agli italiani. Il nostro guaio non è che gli stranieri ci portano via i posti di lavoro, ma che ci ostiniamo a creare posti che né noi né i nostri figli sono disposti a occupare. Camerieri, pizzaioli, fattorini, autisti, badanti, muratori continuano a servire al sistema Italia. Molto meno ingegneri, tecnici specializzati, ricercatori, tutti mestieri per i quali - se si è davvero bravi - forse è meglio guardare alle opportunità che si creano negli altri Paesi avanzati che sulla scuola, la ricerca e la cultura hanno puntato più di noi.

P.S.
Queste due righe sono un mio pensiero. In sostanza, la situazione è semplice: più stranieri, più cavalli di troia da usare per l'abbattimento dei diritti dei lavoratori, per rovinare i posti di lavoro e, in sostanza, per livellare al basso i salari a fine mese. Compresi i lavori in nero ( questi, poi, nella maggior parte dei casi, in mano a dittarelle familiari gestiti da cafoni ). La globalizzazione e la sua conseguente eliminazione delle sovranità nazionali, pretendono tutto questo e l'Italia senza sovranità, anche grazie ad una "classe dirigente" da imbecilli, permette il tutto.

W l'Italia! Avanti, stranieri, l'Italia è vostra! L'abbiamo costruita per voi; l'abbiamo fatta avanzare per lasciarla in mano vostra. Noi, con umiltà, togliamo le tende e andiamo via. E se i diritti dei lavoratori non sono conciliabili con il vostro stile di vita, potete cancellarli. E con essi, cancellare la memoria di chi è morto per questi. Avanti, cavalli di troia!