martedì 27 settembre 2011

E’ l’Europa dei Briganti. Andiamocene via ( articolo di Ugo Gaudenzi - Rinascita )

Il seguente articolo, è a firma del Direttore del quotidiano Rinascita, Ugo Gaudenzi.

Lo sanno ormai tutti. Le agenzie di rating emettono pagelle, l’Ue lancia l’allarme, la Bce chiede nuovi tagli, il Fmi pure, l’Ocse anche, poi la materia diventa argomento di “vertici”: dai G8 ai G20 e così via. Si fanno manovre. Ma sono ritenute insufficenti e il girone infernale ricomincia da capo.
Adesso, dopo l’ultimo summit washingtoniano lo “stato dell’opera” è il seguente. La sensazione comune (che meningi, che immaginazione!) è che la Grecia non riuscirà a far fronte al “debito pubblico”, giunto, si badi bene a 350 miliardi di euro, esattamente dieci volte tanto in un decennio, grazie agli interventi “salvacrisi” (prestiti a usura) inventati dalla Goldman & Sachs, quella diretta da Draghi, e partecipati a fin di lucro dalle banche d’affari mondiali.
E che Atene ormai sia intenzionata a dichiarare l’insolvenza e a negoziare il 50 per cento del debito con i soliti usurai.
Per quanto riguarda Spagna e Italia, l’altra sensazione comune (che meningi, che immaginazione!) è che siano ormai in piena “cottura” e che l’Ue non abbia i mezzi a disposizione per salvarle. A meno di un acquisto massiccio di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea. Senza però alcuna speranza che questo fermi la “recessione”. Non soltanto dei due Paesi, ma di tutta l’area euro.
Una recessione appunto, già innescata da manovre fiscali e da tagli dei redditi e dell’assistenza sociale, che, in caso di ulteriori stangate imposte dai Signori del denaro, non potrebbe che aggravarsi.
Tra le neo-Cassandre, il ministro Usa Geithner, il cancelliere britannico Osborne e Monsieur Trichet (nella foto), della Banca centrale europea.
Sancite queste ponderose analisi, i Signori del G20 hanno rinviato l’esame della situazione... al prossimo vertice di novembre.
Ma noi, i popoli interessati, possiamo decidere qualcosa in merito al nostro futuro?
Certo.
Niente prestiti a strozzo, no all’euro, no al debito pubblico fonte di lucro altrui.
Andiamocene via dall’Europa dei briganti, sganciamoci dal dominio atlantico, dalla globalizzazione.

martedì 13 settembre 2011

Non ci resta che ridere ( articolo di Eugenio Benetazzo )

Il seguente articolo, è tratto dal sito dell'economista, Eugenio Benetazzo.

Forse non ve ne siete accorti, probabilmente i giornali non ne parlano a sufficenza, ma la popolazione italiana in questi ultimi sei mesi si è profondamente impoverita, complice soprattutto il crollo dei listini di borsa che sembra non avere più un livello ultimo di contenimento. Si dice che la ricchezza finanziaria degli italiani sia stimata intorno ai quattro trilioni di euro, con molta presunzione questo importo deve essere abbondantemente ridimensionato. Non so se qualcuno si è accorto ma vi sono titoli azionari il cui prezzo ci riporta indietro di oltre 12/13 anni, alcune banche italiane hanno perso in un mese oltre il 50% della loro capitalizzazione, i titoli di Stato viaggiano a rendimenti di mercato decisamente insostenibili per le nuove emissioni, nonostante l'intervento di agosto delle autorità monetarie europee con l'intento di salvaguardare e proteggerne le quotazioni. 


Pur tuttavia sembra che a nessuno interessino le sorti e la consistenza del proprio portafoglio e dossier titoli. Sul fronte politico l'orizzonte è sempre più rattristante, non c'è leader politico che si preoccupi di difendere il listino italiano dal recente ed interminabile crollo. Non si legge allarmismo nei giornali italiani, non si legge preoccupazione nello sguardo di chi lavora in banca, non si legge di alcuna misura protettiva volta a contenere l'attuale sell off borsistico: il piccolo risparmiatore non ha ancora ben compreso quello che lo aspetta negli anni a venire. Penso ancora a quante volte in televisione mi sono sentito dire da eminenti esponenti del governo che la crisi era finita e che il peggio era ormai passato. Le comunità finanziarie internazionali si aspettavano una azione di governo corposa e credibile, che consentisse in poco tempo di drenare ingenti risorse finanziarie da dedicare all'abbattimento del debito pubblico, e non la sforbiciatina da barbiere di periferia. Di questo abbiamo bisogno al momento noi italiani, di ritornare ad essere credibili e non ridibili.

La recente proposta di manovra finanziaria infatti, dopo i numerosi tentativi di concertazione, dimostra grande improvvisazione da parte dell'attuale governo (non che la sinistra proponga tanto di meglio), alla fine i ricchi non pagheranno o se non altro pagheranno molto ma molto meno rispetto a quello che era stato proposto all'inizio; da qualche giorno ho iniziato ad avere grande stima dei calciatori professionisti italiani perché hanno dimostrato, nonostante la loro mediocrità intellettuale, che hanno pretese economiche sulle quali non si discute e che devono essere tutelate pena l'interruzione del campionato. I piccoli risparmiatori invece, mediamente più intelligenti e colti rispetto alla media dei calciatori, non hanno capacità di coesione, rivolta, e ingerenza con la vita politica italiana. Basterebbe che iniziassero a utilizzare il loro consumer power nei confronti delle giacenze di deposito presso gli istituti di credito italiani e poco ci vorrebbe per cambiare in meglio il paese, almeno dal punto di vista bancario  La classe politica attuale (tanto a destra quanto a sinistra, passando per la lega) non solo continua a dimostrare imbarazzante incompetenza, ma sta lentamente conducendo la nazione allo scenario argentino.

Ormai lo ripeto continuamente in questi ultimi mesi la strada da intraprendere è quella di una medicina amara, tuttavia efficace e ricostituente. Sto parlando di una dimostrazione di attendibilità, severità e serietà del paese innanzi al mondo intero: solo con un ridimensionamento repentino del debito pubblico italiano, nell'ordine dei 400 o 500 miliardi di euro, si potrà dare una speranza a chi ha 30/40 anni, mettendo il paese nelle condizioni di intraprendere un percorso di rilancio competitivo. Questo dovrà essere necessariamente seguito da un abbattimento coatto della spesa pubblica e del montante pensionistico, riducendo in maniera antipopolare il numero dei dipendenti pubblici ed il peso dei loro apparati, affiancando il tutto da un piano di defiscalizzazione integrale degli utili reinvestiti nel settore privato. Questa è la strada sensata e credibile di un paese che vuole sorprendere il mondo e si vuole rialzare, le altre proposte sono solo gli ennesimi tentativi per continuare a mandare in onda il penoso teatrino e la solita nauseante faida politica italiana.