martedì 31 maggio 2011

Italiani, orfani dello Stato ( articolo di Fabrizio Fiorini - Sinistra Nazionale )

Il seguente articolo, è a firma di Fabrizio Fiorini di Sinistra Nazionale, ed è tratto dal quotidiano Rinascita.

Uno dei principali fondamenti dottrinari del socialismo ante-litteram, quello – per intenderci – che ha permeato le strutture politico istituzionali delle più luminose civiltà del passato, dall’ordine greco alle conquiste sociali di Roma, sta tutto in una frase: “ubi commoda ibi incommoda”. In tale brocardo (alla lettera: “ove vi sono cose vantaggiose, lì vi sono cose svantaggiose”) si è inverato il concetto di responsabilità, concetto che il bagliore della latinità ha proiettato sui molteplici aspetti della vita civile. Alla base del concetto di autorità morale o politica, ad esempio; oppure, sul terreno dei rapporti individuali e tra individuo e società, il lascito di Roma è divenuto imprescindibile fondamento della giurisprudenza (oggi si usa il termine più prosaico di “responsabilità civile”): si consideri il caso del diritto di famiglia, ove all’autorità genitoriale, alla patria potestà, deve corrispondere la responsabilità di mantenimento e di educazione della prole. Nel diritto del lavoro, così come è stato forgiato dalla legislazione italiana degli anni Venti del secolo scorso con l’istituzione della contrattazione collettiva e l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori, l’ “ubi commoda ibi incommoda” è stato la scaturigine giuridica del concetto di “lavoro dipendente”.
Il rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato che sia, si basa sulla cessione da parte del lavoratore non già (o non solo) delle proprie competenze, della propria manodopera, del proprio intelletto, dei propri brevetti, della propria perizia, della propria diligenza, della propria prestazione in genere; si basa invece sulla “vendita” (come è d’uso dire oggi) del proprio tempo. Esempio: se l’operaio arriva in fabbrica e il padrone gli dice “non ho niente da farti fare”, e questi trascorre le sue otto ore seduto su una sedia, alla fine della giornata il datore di lavoro non potrà dirgli “non hai fatto niente e quindi non ti pago”. Il dipendente ha messo comunque il proprio tempo a disposizione del datore, così come previsto dal contratto, ed avrà quindi il sacrosanto diritto alla sua retribuzione che, non a caso, è computata sulla base di unità temporali, orarie o giornaliere che siano. E non solo la retribuzione gli spetterà: avrà diritto a un’assicurazione contro gl’infortuni, a un’indennità in caso di malattia, al diritto di usufruire di ferie e permessi parimenti retribuiti, alle mensilità supplementari previste dal contratto, alla maturazione del trattamento di fine rapporto, al fatto che il datore di lavoro versi un premio proporzionale alla retribuzione alla Previdenza Sociale per garantire al lavoratore stesso la “pensione” quando questi si ritirerà dalla vita lavorativa. Un “incommoda”, quindi, che grava sul datore di lavoro dal punto di vista economico e degli adempimenti che per il dipendente debbono essere espletati. Di contro, costui riceverà naturalmente un “commoda”: il potere disciplinare, ad esempio, in virtù del quale potrà dare indicazioni e ordini al lavoratore il quale (nei limiti del buon senso e della legalità) a questi non potrà sottrarsi, o la facoltà di comminare sanzioni, o ancora – nell’ambito dei sistemi retti a economia capitalista – l’appropriazione degli “utili” derivanti dal lavoro altrui (a lavare le coscienze che potrebbero sporcarsi a forza di mettere in atto questa appropriazione indebita, è stato coniato oggigiorno il concetto di “rischio d’impresa”, e cioè: il datore di lavoro ha diritto a guadagnare il decuplo lavorando un decimo in quanto “rischia” in prima persona i suoi averi. Peccato che questo rischio d’impresa sia a senso unico: se le cose vanno bene allora prendo tutto, se le cose vanno male chiedo aiuto allo Stato che dovrà allentare i cordoni della borsa per salvare l’azienda – senza neanche nazionalizzarla, come avverrebbe in ogni Paese civile - e quindi l’occupazione…). Pur con tutti i suoi limiti – dettati dall’inserimento di detto schema nel contesto socioeconomico dell’economia di mercato – il lavoro dipendente così come eravamo abituati a concepirlo fino a qualche anno fa offriva comunque una enorme risorsa di ricchezza e di civiltà alla nazione: al lavoratore erano garantite una retribuzione stabile e duratura, delle garanzie sociali che lo tutelavano in caso di eventi inabilitanti al lavoro, il diritto a una retribuzione sociale alla fine della vita lavorativa, il diritto al riposo e allo svago, la possibilità di accesso ai beni di sussistenza e – di conseguenza – la stabilità economica finalizzata alla crescita della nazione dal punto di vista produttivo, demografico e sociale. Quanto sopra è ormai un retaggio di un tempo che fu. La condizione del lavoratore in Italia, negli ultimi quindici anni, è precipitata fino a raggiungere i livelli di allarme sociale la cui effettività inizia ad essere riconosciuta anche dai settori più refrattari dell’autoreferenziale sistema politico ed economico. I numeri del cataclisma in atto (e siamo ancora in una fase intermedia) ci vengono infatti forniti non da qualche fogliaccio bolscevico o dai residuati bellici dell’operaismo: è sufficiente sfogliare le pagine del “Rapporto annuale 2010” pubblicato nei giorni scorsi dall’Istat. Manca solo il “firmato Diaz” in calce, ma per il resto è un bollettino di guerra. La disoccupazione è in aumento in ogni area del Paese, anche in quelle che in passato registravano percentuali occupazionali impensabili nelle regioni meridionali, anche nei comparti produttivi che un tempo erano stati il fiore all’occhiello del sistema economico nazionale; i soggetti più colpiti sono naturalmente i giovani, le donne, le madri, o ancora quanti hanno perduto il proprio posto di lavoro in età avanzata. Ma anche gli altri non se la passano meglio: le retribuzioni non sono sufficienti, si vive sotto il perenne ricatto della precarietà, la durata dei “tempi determinati” è diventata più lunga di quella della vita degli spermatozoi che permetterebbero di “mettere su” una propria famiglia.
Non solo: lo sfacelo descritto dal nostro Istituto centrale di statistica è comunque una delineazione incompleta e per certi versi capziosa. Altre calamità sociali emergono dalle righe e dalla sterile elencazione di cifre del Rapporto. Trattando dei lavoratori “atipici”, ad esempio, fa riferimento prevalentemente ai “tempi determinati” ai lavoratori a tempo parziale, ai collaboratori a progetto; bisognerebbe approfondire invece anche le vicende di quel torbido sottobosco di sub-atipici che si avvicina più al mondo del lavoro nero che non a quello della precarietà e che si nasconde dietro i praticantati, i tirocini formativi, il lavoro a chiamata, i rimborsi spese. Non tengono conto, gli statistici nazionali, che la gran parte di costoro (co.co.pro., tirocinanti, per non parlare delle schiere di “partite Iva”) altro non sono che dipendenti camuffati, che come ogni dipendente devono sottostare al potere direzionale e disciplinare del datore di lavoro il quale però conserva solo il “commoda”, perché l’ “incommoda” (contributi, Tfr, ferie, malattia) si perde nelle larghe maglie di istituzioni che offrono loro ogni genere di scappatoia per continuare ad arricchirsi sulle spalle del popolo, che tanto per uno che si ribella se ne trova sempre un altro più disperato o più ricattabile. Poi si sorprendono dei “rigurgiti estremisti”, si scandalizzano se c’è chi va in piazza a dire “addavenì Ceausescu”.
Il cancro si chiama “deregolamentazione”, e si manifesta attraverso leggi sul lavoro degne di un girone dantesco: con gli apprendistati (a contributi zero o poco più e a bassa retribuzione) che durano cinque anni per formare un centralinista o un badilante, col lavoro a chiamata che di fatto legalizza il lavoro nero, coi voucher o buoni lavoro che ripristinano il cottimo e avrebbero fatto gola ai caporali dei latifondi. La metastasi è invece la volontà politica che tutto resti invariato, anzi: che tutto peggiori; è la volontà politica di dissolvere il tessuto sociale e lavorativo nazionale in virtù della necessità di preservare il privilegio di pochi parassiti, è la messa in atto di un vergognoso mercato degli schiavi attraverso l’importazione di manodopera a basso costo/nessun diritto dall’estero, come di recente fatto con il “decreto flussi” con cui si è autorizzato l’ingresso sul territorio nazionale di decine di migliaia di stranieri attraverso l’istituzione di altrettante decine di migliaia di contratti di lavoro fittizi sottoscritti da prestanome. Lavoratori che una volta entrati in Italia andranno a fare da carne da cannone nella guerra tra poveri in cui i nostri connazionali già si scannano a vicenda per accedere a un posto di lavoro sottopagato, e che andranno a gravare enormemente sulle già esangui casse della nostra previdenza sociale.
Non può essere solo inettitudine: è una precisa volontà politica di distruzione. Non si sono accontentati di aver distrutto i più alti aneliti del sentire politico dei popoli: la giustizia sociale, il socialismo. Non si sono accontentati di aver disgregato il tessuto connettivo primario in cui questi valori politici di sono realizzati: le nazioni. Vogliono colpire a morte l’anima stessa della vita degli uomini: lo Stato.
Orfani dello Stato, ci vogliono. Senza più l’Ente supremo cui fare riferimento, cancellato finanche in tutti i suoi aspetti materiali che lo rendevano visibile e autorevole agli occhi dei suoi cittadini: senza più un collocamento centralizzato capace di coniugare le esigenze di lavoro e gli obiettivi di crescita economica, ci vogliono vedere elemosinare in fila davanti un’agenzia interinale; senza la difesa che lo Stato riservava ai più deboli contro gli squali della speculazione e dell’accumulazione di ricchezze, difesa garantita, ad esempio, degli Ispettorati del lavoro; senza più l’assistenza sociale che era erogata da Istituti quali l’Inps e l’Inail, di cui hanno dismesso addirittura il meraviglioso e spartano patrimonio immobiliare; senza una concezione di “pubblico”, sfumata in una generica astrazione di “servizi” delegati ai privati; senza quel senso di appartenenza a una comunità di destino che solo lo Stato può ancora tenere insieme.
Lo Stato è moribondo: i sacerdoti delle banche e del denaro l’hanno già trascinato sul loro sudicio altare e, alzate le lame, attendono solo di poter sferrare il colpo di grazia.
La “sede statale” è vacante. Ma la sua fiamma non è spenta; ironia della sorte, tocca a noi, agli eretici, custodirla. Con la consapevolezza che non si può essere custodi per sempre: il futuro abbisogna di tedofori.

mercoledì 18 maggio 2011

Immigrazione, il paese della favola multiculturale ( articolo di Michele Mendolicchio - Rinascita )

Il seguente articolo, a firma di Michele Mendolicchio, è tratto dal sito web del quotidiano Rinascita.

Le politiche dell’accoglienza non fanno altro che favorire il progetto della schiavizzazione di massa.

Sul fronte migratorio la situazione è allarmante non solo per gli sbarchi ma soprattutto per la forte presenza di varie etnie che attraverso vari canali giungono sul nostro territorio. Continuando di questo passo la società italiana ma anche quella europea saranno destinate a soccombere, non riuscendo più a gestire le migliaia e migliaia di profughi, di stranieri e di rom sempre più ai margini della società. Con i permessi facili è come dare la patente a possibili assassini su quattro ruote che finiranno proprio col mettere sotto il nostro modello.
Il Paese dell’amore universale tanto in voga tra Cei, sinistra radicale, centristi, piddini e finiani è un’utopia bestiale. Quello che si vede tutti i giorni è una crescita del degrado delle nostre città, del livello criminale e della perdita di diritti. Il divari tra lavoratori italiani e stranieri sta man mano riducendosi al ribasso, in ottemperanza al disegno criminoso delle multinazionali e della grande finanza. C’è ormai un grande bacino di schiavi senza distinzione di colore della pelle. E la colpa di questo arretramento dei diritti, in primis quello di un salario dignitoso, è soprattutto di certa gente come Nichi Vendola e di tutti gli altri personaggi che brandiscono il vessillo della fratellanza e dell’accoglienza ma poi lasciano i comuni cittadini a marcire assieme agli immigrati. Tanto per loro ci sono sempre i soliti privilegi, dallo stipendio allo scorrazzamento a sirene spiegate. Pensiamo solo ad un certo Amato, ex presidente del Consiglio, che tra pensioni cumulative e consulenze varie stacca cifre da nababbo. Chi non ricorda la finanziaria lacrime e sangue degli anni ’90? Oltre a favorire la fine della prima repubblica ha favorito anche le sue tasche, non certo quelle degli italiani. Vergogna! E poi ci vengono pure a dare la lezione di economia e di vita. Purtroppo gente come Vendola e tutti gli altri politically correct vivono ancora di antichi totem, come quello del razzismo, che non hanno più alcun senso e alcun legame con la realtà. Piano piano piano diventeremo tutti una massa di poveracci a disposizione dello schiavista mascherato da imprenditore. E piano piano invece di fare progetti, in primis dall’avere un lavoro ben retribuito che ti permetta un alloggio dignitoso, si ragionerà come i poveri immigrati in cerca di un posto letto. Sveglia italiani, riprendiamoci la nostra dignità.
E usciamo al più presto da questa sporca guerra libica voluta dagli anglo-francesi con la supervisione di Obama. Intanto sono sospesi i rimpatri dei tunisini illegali in quanto il numero concordato con le autorità è stato ampiamente raggiunto. E così sono stati dislocati nelle varie strutture di accoglienza, sparsi su tutto il territorio. L’Italia è piena dei cosiddetti Cie che non sono altro che carceri per soli immigrati ma né Vendola o altri miti del volemose bene hanno mai contestato. Forse perché l’autore di questi penitenziari è stato Napolitano? Nel ’98 all’epoca in cui era ministro dell’Interno del primo governo Prodi progettò questa forma di accoglienza che ogni tanto i centri sociali contestano. Però anche loro fingono di non saperlo, non per niente di contestazioni al capo dello Stato non se ne sono viste. I cie non li ha mica creati Berlusconi?

mercoledì 11 maggio 2011

So things they are ( articolo di Eugenio Benetazzo )

Il seguente articolo è a firma dell'operatore di borsa, Eugenio Benetazzo. Ed è tratto dal suo sito web.

Il libero mercato semplicemente non esiste: chi pensa che tutto quello che sta accadendo attorno a lui sia il frutto della casualità e del processo evolutivo umano, è meglio che continui a vivere nella la sua beata ignoranza. Pur tuttavia esiste una mano invisibile, ma non intesa come meccanismo economico che regola l'economia in modo tale da condurre la società al più ampio benessere in virtù della ricerca della massima soddisfazione a carico di ogni singolo individuo. La mano invisibile è in realtà l'ingerenza nella vita di tutti i giorni di una potente establishment di lobby planetarie che ha ben presente che cosa dovrà accadere nel prossimo futuro. 

L'idea di base è facilmente comprensibile: creare una società di individui isolati privi di autocoscienza, senza ideali e punti di riferimento. Il raggiungimento di questo processo di metamorfosi è stato conseguito grazie ad una meticolosa pianificazione: nulla è stato lasciato al caso, globalizzazione compresa. Tutto è iniziato con il ridimensionamento del settore primario (agricoltura) in cui la moltitudine della popolazione mondiale era assorbita ed impegnata. Con una propaganda consumistica ingannevole hanno convinto milioni di persone nel mondo occidentale (adesso stanno facendo lo stesso con quello orientale) ad abbandonare la coltivazione della terra per proiettarsi in un finto mondo, migliore solo in superficie, spingendoci a vivere dentro nidi di scarafaggi, ognuno per conto suo, tutti contro tutti.

Abbiamo abbandonato la vita sana e gratificante all'aria aperta per fare l'interinale che fa il pendolare tra l'ufficio e un monolocale in cemento a Baranzate di Bollate oppure lo sportellista sfigato e depresso della grande banca d'affari che vende prodotti porcheria a pensionati e coppie neosposate. Sono stati grandi, non vi è dubbio: ci hanno spinto a fare lavori che non ci piacevano per comprare beni e servizi di cui non abbiamo bisogno. Il passo successivo è stato quello di mettere a redditto l'infelicità, soprattutto quella di coppia: la strada intrapresa è stata diabolica ovvero portare l'emancipazione della donna sino al fanatismo per polverizzare la famiglia tradizionale basata sui valori cristiani sostituita da famiglie mononucleari ispirate agli ideali di vita promossi da Maria De Filippi.

La colonna portante della società è venuta destituita lentamente e progressivamente producendo un riverbero mondiale al volano dei consumi: adesso tutti hanno un appartamento, un frigorifero, una televisione, un'automobile, un telefono cellulare. Tutto doppio. L'infelicità rende parecchio all'establishment: una persona infelice e sola infatti tende a cercare gratificazioni personali attraverso il consumo sfrenato di beni e sevizi (superflui o inutili) che arricchiscono virtualmente la sua vita e colmano il vuoto degli affetti personali. Invece il multiculturalismo è stato lo strumento inventato e propagandato per distruggere i popoli e creare una melma senza identità, un gregge di soggetti facili da governare e sfruttare, senza grandi capacità di reazione.

Il penultimo passo del processo devolutivo studiato a tavolino è di recente introduzione: creare delle reti virtuali di relazioni sociali con lo scopo di schedare e profilare gratuitamente ogni individuo al fine di conoscere con approfondimento i suoi gusti, le sue amicizie, i suoi desideri, le sue paure, lo stile di vita ed i gusti sessuali. Se vi avessero chiesto di fornire queste informazioni dedicate con un provvedimento di legge ci sarebbe stata una sommossa popolare ovunque invece l'avete fatto gratis da soli invitando anche altri vostri conoscenti a farlo.

Pensate che oggi ci sono persone che vivono con un alter ego rappresentato dal loro iPhone considerandolo ormai come una estensione artificiale del proprio corpo. La fase finale coinciderà con il controllo globale di tutte le interazioni sociali ed economiche di ogni individuo, probabilmente attraverso l'introduzione di un transponder di identificazione a onde radio che servirà per effettuare da prima pagamenti istantanei con moneta elettronica e successivamente servirà per identificare e localizzare le persone e monitorare tutti i loro movimenti e fenomeni di consumo. Tutto questo non sarà imposto dall'alto con la forza o con una legge, ma sarà proprio il singolo individuo a richiederlo a gran voce. So things they are. Così stanno le cose.

martedì 3 maggio 2011

Hanno ucciso Bin Laden!? ( seconda parte )



E' con questa foto che apro la seconda parte sull'uccisone di Bin Laden avvenuta ieri, in un bunker in Pakistan, da parte di truppe scelte "made in U.S.A." ( la PRIMA parte QUI ).

Come tutti sapete, la foto precedentemente pubblicata, ovvero il Bin Laden ucciso e che trovate alla destra della foto in alto, si è rivelata, così come immaginato io da subito ( ma così come me, chissà da quanta gente in tutto il mondo ) un falso bello e buono.
Da come notate, al centro vi è il vero cadavere la cui fronte ed occhi ( cicatrici, ematomi e sangue ragrumato compresi ) sono stati tagliati e incollati su di un'altra foto. Quest'ultima, ovviamente, raffigurante lo "sceicco del terrore".
Si è visto sùbito il falso, dato che Osama, stando alle ultime immagini risalenti al 2003 ( tranne una parentesi un paio d'anni dopo quando, insieme a non ricordo chi, sgattaiolava come una capretta in qualche monte o dell'Afghanistan o del Pakistan ), era apparso molto emaciato e "scavato" in volto, per via dei suoi problemi renali, e con una vistosa barba bianca. Ora, invece, la barba è nera ( l'avrà tinteggiata? ) e il viso è più paffutello e ringiovanito ( miracoli della medicina dispensata in qualche grotta? ).

Il bello, poi, che il cadavere, dopo un breve funerale islamico ( così dicono ) è stato gettato in mare, dato che nessuna nazione voleva il suo corpo.
Al momento ( ore 12:30 del 3 maggio ) ancora si aspettano le foto del corpo. Ma tanto, cari miei, chiunque potrà essere; anche perchè si sa come la penso sulla reale esistenza di Bin Laden e sulla sua reale appartenenza e influenza su Al-Qaeda. Anche quest'ultima, così come il suo "capo" defunto, non è altro che un'ectoplasma fluttuante nei mass-media.

Il Sistema si è dimostrano, per l'ennesima volta, fallito e che, pur raschiando il fondo del barile, continua, grazie ai suoi servitori giornalisti di mezzo mondo ( da leggere l'articolo del povero cameriere Severigni ), a dispensare bufale e a trattare la gente come rimbecillita e senza cervello.

Qui sotto, tratto da Luogocomune, un indirizzo web con una gif con varie frasi, dei lettori del sito menzionato, in merito alla "morte" di Bin Laden.


Di articoli su questa uccisone, troppi ne potrei menzionare, ne cito solo tre giusto per gradire:

Centro Studi Socialismo Nazionale: Bufale atlantiche


lunedì 2 maggio 2011

Hanno ucciso Bin Laden!?

E' di qualche ora fa la notizia che alcune forze speciali U.S.A., hanno ucciso il terrorista Osama Bin Laden in un rifugio fortificato in Pakistan.
Come notizia, di per sè, è da prendere con "felicità", perchè la morte di un terrorista, pur rimanendo un essere umano, non sarà pianta da nessuno. Pensare a Bin Laden, significa andare con la memoria all'11 settembre del 2001 e ai più di 3 mila morti tra le Torri Gemelle, il Pentagono e i passeggeri dei quattro aerei di linea. La memoria va agli altri attentati che si verificarono in Spagna - 911 giorni dopo quelli negli U.S.A. - e quelli a Londra l'11 giugno del 2005. Ma anche ai morti delle ambasciate in Kenia e Tanzania ( se non ricordo male ) dell'estate del 1998 e a svariati e più "piccoli" atti terroristici che insanguinarono altre parti del mondo.
Quindi, senza sciacalleria, la morte di Bin Laden non la piango e non la piangerò mai.

Certo, ci sono le mia perplessità su questo individuo, che, stando a quello che ci hanno raccontato in tutti questi anni, è stato il capo del gruppo terroristico Al-Qaeda. Gruppo che si è reso responsabile ti tanti attentati. 

Ci sono le mie perleplessità se il tutto fosse vero o no, nel senso che, pur esistendo fisicamente parlando, Bin Laden sia stato effettivamente la guida di Al-Qaeda o solo una marionetta che, in maggior modo dopo l'11 settembre 2001, è stata usata per giustificare "guerre umanitarie", spese militari e occupazioni di stati ( con petrolio ).

Ci sono le mie perplessità anche in merito ad Al-Qaeda che, stando ad altre fonti, non è altro che un database della C.I.A. nel quale, durante l'occupazione della Russia dell'Afghanistan a partire dal 1979, venivano reclutati i mujahedin per combattere i russi. E che a sua volta avrebbero dovuto garantire il passaggio degli oleodotti a stelle e strisce. Ma, così come si seppe ( sempre se la memoria della gente non sia corta ), alla fine si misero di traverso a questo progetto. E ciò fece arrabbiare i padroni statunitensi. Ma tanto, il P.N.A.C. era bello che pronto, bastava un pretesto...

Ci sono le mie perplessità in merito all'11 settembre; o meglio, i dubbi se il tutto avvenne così come ci hanno insegnato i mass-media. L'unica cosa certa, purtroppo, sono le persone morte e non più con i loro cari.

Ci sono le mie perplessità in merito alla reale esistenza di Bin Laden in tutti questi anni. A parte il suo ruolo - chissà, forse anche a sua insaputa - di marionetta ad uso e consumo mass-mediatico, ma non era gravemente malato? Non stava per morire? Anzi, non era già morto nel 2002 secondo alcuni suoi familiari?

Ed ora ci sono le mie perplessità in merito a questa notizia. Come mai ucciderlo ora? C'è la necessità, per gli Stati Uniti, di sloggiare dall'Afghanistan e ( probabilmente ) dall'Iraq? E se è sì, per quale motivo? Servono truppe in altre parti del mondo?
E poi, a parte tutte queste mie perplessità sulla figura e il ruolo di Bin Laden, siamo sicuri che la morte dello "sceicco del terrore" non farà fomentare gruppi di fanatici? Che bisogna aspettarci da questi?

Per finire, se Al-Qaeda c'è ma non è così come ce l'hanno raccontata, se Bin Laden era già morto e, quindi, hanno messo su una sceneggiata con un sosia o con una immagine di repertorio modificata al computer o quant'altro, che significato dare a questa notizia? Cosa bolle in pentola? 

Dimenticavo; dopo l'annuncio della morte di Bin Laden, il Dollaro si è rafforzato. Ma tanto, da quello che si legge, il collasso U.S.A. , al contario di Osama, è vivo e vegeto.