sabato 24 dicembre 2011

Le banche si preparano al ritorno della Lira ( articolo di RaiNews 24 )

Il seguente articolo è tratto dal sito web del canale "all news", RaiNews 24. Appena pubblicato, l'ho voluto riportare su questo mio blog. La notizia sembra importante e quindi da seguire con attenzione.

La fonte alla base del pezzo è stata presa dal sito del "The Wall Street Journal", nell'articolo "Banks Struggle with the Euro Contingencies".


Almeno due banche di caratura mondiale "hanno preso delle misure" per ritornare ad effettuare transazioni in vecchie valute della zona euro tra cui lira, dracma e escudo. Lo scrive il Wall Street Journal citando fonti ben informate.

Le banche in questione hanno gia' contattato Swift, l'azienda belga che gestisce i sistemi per le transazioni finanziarie internazionali, per avere la tecnologia e i codici necessari, riferiscono le fonti.

Un portavoce di Swift ha detto al quotidiano finanziario che l'azienda e' pronta a fare tutto quanto sara' necessario per garantire il regolare svolgimento delle transazioni, ma che "non e' il caso fare commenti su questioni specificamente legate alla zona euro".

Secondo il Wall Street Journal, le banche stanno studiando tutti gli aspetti del possibile impatto che avrebbe l'uscita di uno o piu' paesi dalla zona euro.






venerdì 2 dicembre 2011

La crisi dell'euro non è sanabile ( articolo di Ida Magli )

Il seguente articolo, è a firma di Ida Magli ed è pubblicato sul suo sito Italiani liberi.

La crisi dell’euro non è sanabile. Nessuno vi può riuscire, che sia o non sia un esperto banchiere o persona di fiducia del mondo intero. Non vi può riuscire neanche bruciando nel crogiolo dell’euro tutti i beni che gli Italiani e gli altri popoli d’Europa possiedono. Si sente dire in questi giorni che alcune grandi banche americane stanno preparandosi al crollo della moneta unica: non è possibile che i capi dei governi europei, responsabili della vita e dei beni di centinaia di milioni di persone, si rifiutino di ammettere questa possibilità preparando una qualche via di fuga, un’estrema uscita d’emergenza. E’ un loro preciso dovere predisporre un ordinato ritorno alla moneta nazionale in caso di necessità, invece di aspettare il caos del crollo globale. Gli strumenti a disposizione non mancano. Faccio un solo esempio: la lira non è ancora andata fuori corso. Si può cominciare ad emettere una parte dei titoli di Stato in lire esclusivamente per il mercato italiano e a far circolare la doppia moneta, così come si è fatto nel primo periodo del passaggio all’euro. Sappiamo bene quanto siano capaci di creatività i tecnici della finanza: la mettano all’opera.
  L’importante, tuttavia, è che si riconosca il fallimento del progetto di unificazione europea e della moneta unica. Soltanto se ci si convince che l’euro è debole perché è privo della forza degli Stati che lo dovrebbero garantire, si capirà che nessuna terapia lo può guarire. La forza degli Stati non è costituita dal nome dei governanti, ma dai loro popoli, dalla loro storia, lingua, arte, religione, civiltà. Perfino il mercato, idolo dei banchieri, si è indebolito in Europa perché, con l’unificazione, si è trovato ridotto al minimo comune denominatore. E’ una delle prime cose che ci hanno insegnato a scuola: non si possono sommare le mele con le pere. E’ proprio quello che hanno voluto fare i progettisti dell’Unione: francesi più tedeschi più spagnoli più italiani ecc., tutti mele o tutti pere, come se la ricchezza dei popoli d’Europa non consistesse soprattutto nella loro straordinaria diversità creativa. Tragica ignoranza o spaventosa presunzione del potere? Sarà la storia a rispondere a questa domanda.
  La crisi dell’euro è dovuta quindi, a parte i numerosi motivi specificamente tecnici del mercato e della finanza, al fatto che era sbagliato il progetto di unificazione europea entro il quale l’euro doveva vivere. Unificare i popoli, però, è un’operazione antropologica. Per questo è stato evidente fin dal primo momento ad una persona come me che fa di professione l’antropologo, vederne tutti gli errori e rendersi conto che l’euro, frutto principale dell’unificazione, sarebbe fallito. Ne avevo previsto il crollo, infatti, fin da prima che entrasse in circolazione, ossia nel 1997, quando ho pubblicato per l’editore Rizzoli il libro “Contro l’Europa”. Gli anni sono passati, ho scritto decine di articoli (molti pubblicati anche sul “Giornale”) sempre ripetendo che la costruzione europea era sbagliata e che le conseguenze negative, per l’Italia in particolar modo, sarebbero state gravissime, ma sono stata purtroppo costretta ad assistere nell’impotenza al sicuro disastro. Nell’estate dell’anno scorso Rizzoli mi ha chiesto di scrivere un secondo libro sull’Europa. A novembre è uscito “La Dittatura europea” dove si trovano descritti passo per passo, tutti gli avvenimenti cui stiamo assistendo. Soltanto un nome è diverso: prevedendo che un banchiere sarebbe diventato capo del governo, facevo il nome di Draghi. Allora Draghi non era ancora stato nominato alla Bce, ma si tratta di personaggi interscambiabili. Qualche giorno dopo avrei fatto sicuramente il nome di Monti.
  Non sta bene dire “Ve lo avevo detto?”. E’ compito specifico dello scienziato fare delle previsioni il più possibile vicine alla realtà e per un antropologo era facilissimo capire che si stavano compiendo macroscopici errori. Se adesso lo metto in rilievo è nella speranza che finalmente qualcuno lo creda e corra ai ripari. Siamo ancora in tempo a salvare l’Italia e la civiltà europea.

Ida Magli
www.italianiliberi.it
Roma, 27 novembre 2011