A seguire due articoli del quotidiano Rinascita usciti ieri ( 29 settembre ) ed oggi. Articoli incentrati sulla sempre più evidente fine della sovranità nazionale italiana ma anche dei singoli stati europei, ormai ridotti a marionette nelle mani delle eminenze grige presenti a Bruxelles.
E mentre ieri, tutti gli "itagliani" erano interessati sulla fiducia o meno al governo Berusconi, la Commissione ce lo metteva in quel posto. E questi due articoli, riguardano proprio quello che è successo.
Il ribelle Santoro, ci parlerà mai di questi argomenti?
Il duro e puro Travaglio, accennerà mai al mostro dell'Unione Europea?
Queste stesse domande, sono rivolte anche a Grillo.
Buona lettura.
La commissione chiede ai governi di farsi indietro ( articolo di Filippo Ghira )
Prosegue l’azione della Commissione europea per sostituirsi ai governi ed indirizzare le loro politiche economiche. L’organismo di Bruxelles ha indicato ieri le tre strade in base alle quali rafforzare la politica economica dell'Unione Europea e nei Paesi dell'eurozona. Ci sarà un maggiore coordinamento fiscale e una attenzione al debito pubblico eccessivo che sarà più forte che in passato. Verrà inoltre creato un meccanismo di prevenzione e di correzione immediata degli squilibri macroeconomici.
Il tutto dovrà essere legato ad un rafforzamento del meccanismo delle sanzioni nei riguardi di quei Paesi incapaci di tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica, sia in termini di debito che di disavanzo.
Le nuove misure pensate dalla Commissione presieduta da José Barroso sono contenute in cinque regolamenti e in una direttiva che i tecnocrati di Bruxelles sperano possano essere approvati dal Parlamento europeo entro l'estate del 2011. Il primo dei regolamenti modifica la parte preventiva del Patto di stabilità e crescita (l’impegno cioè a tenere il disavanzo sotto il tetto del 3% rispetto al Prodotto interno lordo). L'obiettivo che ci si è posto è quello di assicurare che i Paesi membri dell'Unione attuino politiche di bilancio “prudenti” nei periodi favorevoli con il fine di costituire le necessarie riserve per i periodi di difficoltà. Una pietra tombale sulle politiche di tipo keynesiano degli anni sessanta e settanta, con la spesa pubblica in disavanzo usata come volano per fare ripartire gli investimenti e i consumi. La proposta della Commissione è quella scontata che la crescita annuale della spesa pubblica non superi l'incremento del Pil. In caso contrario i Paesi discoli che violassero le raccomandazioni di Bruxelles sarebbero sanzionati con la creazione di un deposito infruttifero dello 0,2% rispetto al Pil.
Il secondo regolamento si propone obiettivi ambiziosi in quanto arriva a monitorare con più attenzione l'andamento del debito pubblico, la cui valutazione diventerà rilevante per l'apertura di una procedura di deficit eccessivo. E sotto questo aspetto, l’Italia si troverà esposta a non pochi attacchi. Quest’anno il debito pubblico dovrebbe passare dal 115% del 2009 al 118,2%. La Commissione, che partirà da un valore di riferimento del 60%, pretenderà una riduzione annua di circa il 5%.
In ogni caso, la decisione sull’apertura di una procedura per deficit eccessivo non sarà automatica ma dovrà tenere conto di tutti quei fattori, oggi molto rilevanti, che ostacolano la riduzione del debito. Come l’attuale crescita dell’economia, troppo bassa per costituire una inversione di tendenza e l'indebitamento del settore privato per il quale l’Italia si trova meglio di altri Paesi. Una volta avviata la procedura di deficit eccessivo, il Paese discolo dovrà versare un deposito non fruttifero dello 0,2% del Pil, che potrebbe trasformarsi in multa e finire nelle casse di Bruxelles se non ci sarà una correzione del deficit o del debito.
Un altro dei regolamenti varato dalla banda Barroso punta ad una maggiore armonizzazione delle politiche economiche dei Paesi membri. Esso riguarda infatti la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici tra i 27 Stati, attraverso una valutazione dei rischi effettuata a scadenze regolari che sarà basata su un quadro di riferimento composto da indicatori economici. La Commissione potrà adottare raccomandazioni e avviare una procedura di infrazione per gli squilibri eccessivi quando essi siano ritenuti così gravi da danneggiare la coesione generale della economia europea. Il tutto con sanzioni fino all’1% del Pil.
Ultimo elemento del pacchetto Barroso è la direttiva che fissa i requisiti minimi che dovranno essere rispettati dagli Stati membri per i quadri di bilancio nazionali. Di conseguenza, si dovrà procedere in tempi brevi ad avere un corpus di norme uniformi per quanto riguarda il sistema contabile, le statistiche, le norme di bilancio e i rapporti di bilancio degli Stati con le autorità locali o regionali. Novità che comporterà l’addio definitivo ad una politica economica nazionale ed autonoma, degna di questo nome.
Bini Smaghi (Bce): meno spesa pubblica e più mercato
Su tali questioni è intervenuto anche Lorenzo Bini Smaghi, membro del direttivo della Banca centrale europea. A suo dire, gli Stati membri devono procedere a una ristrutturazione del proprio debito pubblico, che è arrivato a livelli troppo alti a seguito della crisi economica e finanziaria. Non possiamo permetterci un ulteriore aumento, ha ammonito. Bisogna ristrutturare i debiti pubblici e ripensare il ruolo e soprattutto il peso della finanza pubblica nell'economia. Affermazione in sintonia con quella di Barroso e soci sul fatto che ci deve essere meno Stato e più Mercato, come se il secondo garantisse sempre e comunque il paradiso in terra.
Poi, tanto per completare l’opera, il dirigente della Bce non ha trovato di meglio che auspicare per alcuni Paesi europei, riforme strutturali del mercato del lavoro. Bini Smaghi ha citato l’esempio “positivo” di Germania e Francia che “hanno un mercato del lavoro che funziona e hanno ridotto la disoccupazione”. I cambiamenti strutturali nella concezione del banchiere, per quanto riguarda l’Italia, implicano maggiore flessibilità e precariato, stipendi più legati ai contratti aziendali piuttosto che a quelli nazionali e con un peso maggiore di straordinari e premi di produzione. Soltanto così, ha concluso, una crescita economica progressiva e graduale si tradurrà in una maggiore occupazione. A quale prezzo, è ovviamente un altro discorso.
Il tutto dovrà essere legato ad un rafforzamento del meccanismo delle sanzioni nei riguardi di quei Paesi incapaci di tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica, sia in termini di debito che di disavanzo.
Le nuove misure pensate dalla Commissione presieduta da José Barroso sono contenute in cinque regolamenti e in una direttiva che i tecnocrati di Bruxelles sperano possano essere approvati dal Parlamento europeo entro l'estate del 2011. Il primo dei regolamenti modifica la parte preventiva del Patto di stabilità e crescita (l’impegno cioè a tenere il disavanzo sotto il tetto del 3% rispetto al Prodotto interno lordo). L'obiettivo che ci si è posto è quello di assicurare che i Paesi membri dell'Unione attuino politiche di bilancio “prudenti” nei periodi favorevoli con il fine di costituire le necessarie riserve per i periodi di difficoltà. Una pietra tombale sulle politiche di tipo keynesiano degli anni sessanta e settanta, con la spesa pubblica in disavanzo usata come volano per fare ripartire gli investimenti e i consumi. La proposta della Commissione è quella scontata che la crescita annuale della spesa pubblica non superi l'incremento del Pil. In caso contrario i Paesi discoli che violassero le raccomandazioni di Bruxelles sarebbero sanzionati con la creazione di un deposito infruttifero dello 0,2% rispetto al Pil.
Il secondo regolamento si propone obiettivi ambiziosi in quanto arriva a monitorare con più attenzione l'andamento del debito pubblico, la cui valutazione diventerà rilevante per l'apertura di una procedura di deficit eccessivo. E sotto questo aspetto, l’Italia si troverà esposta a non pochi attacchi. Quest’anno il debito pubblico dovrebbe passare dal 115% del 2009 al 118,2%. La Commissione, che partirà da un valore di riferimento del 60%, pretenderà una riduzione annua di circa il 5%.
In ogni caso, la decisione sull’apertura di una procedura per deficit eccessivo non sarà automatica ma dovrà tenere conto di tutti quei fattori, oggi molto rilevanti, che ostacolano la riduzione del debito. Come l’attuale crescita dell’economia, troppo bassa per costituire una inversione di tendenza e l'indebitamento del settore privato per il quale l’Italia si trova meglio di altri Paesi. Una volta avviata la procedura di deficit eccessivo, il Paese discolo dovrà versare un deposito non fruttifero dello 0,2% del Pil, che potrebbe trasformarsi in multa e finire nelle casse di Bruxelles se non ci sarà una correzione del deficit o del debito.
Un altro dei regolamenti varato dalla banda Barroso punta ad una maggiore armonizzazione delle politiche economiche dei Paesi membri. Esso riguarda infatti la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici tra i 27 Stati, attraverso una valutazione dei rischi effettuata a scadenze regolari che sarà basata su un quadro di riferimento composto da indicatori economici. La Commissione potrà adottare raccomandazioni e avviare una procedura di infrazione per gli squilibri eccessivi quando essi siano ritenuti così gravi da danneggiare la coesione generale della economia europea. Il tutto con sanzioni fino all’1% del Pil.
Ultimo elemento del pacchetto Barroso è la direttiva che fissa i requisiti minimi che dovranno essere rispettati dagli Stati membri per i quadri di bilancio nazionali. Di conseguenza, si dovrà procedere in tempi brevi ad avere un corpus di norme uniformi per quanto riguarda il sistema contabile, le statistiche, le norme di bilancio e i rapporti di bilancio degli Stati con le autorità locali o regionali. Novità che comporterà l’addio definitivo ad una politica economica nazionale ed autonoma, degna di questo nome.
Bini Smaghi (Bce): meno spesa pubblica e più mercato
Su tali questioni è intervenuto anche Lorenzo Bini Smaghi, membro del direttivo della Banca centrale europea. A suo dire, gli Stati membri devono procedere a una ristrutturazione del proprio debito pubblico, che è arrivato a livelli troppo alti a seguito della crisi economica e finanziaria. Non possiamo permetterci un ulteriore aumento, ha ammonito. Bisogna ristrutturare i debiti pubblici e ripensare il ruolo e soprattutto il peso della finanza pubblica nell'economia. Affermazione in sintonia con quella di Barroso e soci sul fatto che ci deve essere meno Stato e più Mercato, come se il secondo garantisse sempre e comunque il paradiso in terra.
Poi, tanto per completare l’opera, il dirigente della Bce non ha trovato di meglio che auspicare per alcuni Paesi europei, riforme strutturali del mercato del lavoro. Bini Smaghi ha citato l’esempio “positivo” di Germania e Francia che “hanno un mercato del lavoro che funziona e hanno ridotto la disoccupazione”. I cambiamenti strutturali nella concezione del banchiere, per quanto riguarda l’Italia, implicano maggiore flessibilità e precariato, stipendi più legati ai contratti aziendali piuttosto che a quelli nazionali e con un peso maggiore di straordinari e premi di produzione. Soltanto così, ha concluso, una crescita economica progressiva e graduale si tradurrà in una maggiore occupazione. A quale prezzo, è ovviamente un altro discorso.
Una Waterloo per questa "Unione" europea ( articolo di Ugo Gaudenzi )
I popoli europei sono schiavi di Usura.
Le misure lacrime e sangue imposte da quella lobby atlantica europea chiamata “Ue” sono dettate esclusivamente dall’obbligo che Bruxelles ha contratto con i suoi padroni, i Signori del denaro.
I prestiti da costoro imposti agli Stati più deboli – i “pigs”, i porci, all’inglese… - devono essere costantemente, sempre, per l’eternità, ben remunerati.
Mentre l’Italietta, questo mercoledì, era occupata – per sadismo, per masochismo, per asservimento – ad assistere alla farsa di Palazzo sulla fiducia parlamentare ad un governo che non governa (o, se governa, governa male, come accade per ogni esecutivo di questa Repubblica, suddito delle banche e degli angloamericani, di qualunque colore si travesta), a Bruxelles, invasa dai lavoratori che protestavano per i tagli all’occupazione e agli stipendi, si perfezionava il cappio di questa usura.
Come fortemente voluto dal mandatario tedesco di Frau Merkel nel governicchio Ue, Herr Olli Rehn, la “Commissione” (termine che, tradotto correttamente in italiano, è “la Cupola”) ha varato un paio di nuovi strumenti jugulatorii contro i cittadini e gli Stati d’Europa.
E cioè: una “central authority” veglierà per rafforzare il rigore dei bilanci degli Stati europei (traduciamo: imporrà tasse e tagli ai redditi, alle pensioni, ai bilanci delle comunità nazionali) e imporrà sanzioni e penalità (traduciamo: aggravando ancora di più i deficit dei Paesi “indisciplinati”); il varo di un programma “per punire le nazioni che ignoreranno le ingiunzioni imposte da Bruxelles per farla finita con i conti in rosso nelle loro politiche sui redditi e gli stipendi dei cittadini, in materia fiscale e in materia di spese macroeconomiche”.
Come illustrato dall’esimio don Josè Manuel Barroso, presidente della Cupola, in questo modo, dal 2012, Bruxelles “tirerà il freno a mano prima che la macchina rotoli giù dalla collina”.
Il problema nostro, quello di tutti i popoli dell’eurozona o comunque di questa stolida “Unione europea”, è che questi Signori non sono altro che i camerieri delle banche centrali e delle banche d’affari atlantiche, e la “macchina” descritta da don Josè non è la comunità dei popoli, dei cittadini europei, ma la loro personale cupola artificiosamente costruita su una “collina” chiamata Bruxelles (o Lussemburgo, o Strasburgo), non a caso prossima alla artefatta collina di Waterloo.
E’ il loro tornaconto di stipendiati dai poteri forti che è in gioco, non quello dei popoli europei.
Che sia così è un fatto, una dura realtà, una constatazione.
Una minima controprova di queste ore?
Sempre questo mercoledì – dedicato, lo ricordiamo, nel-l’Italietta, invece, alle orazioni pro-contro la garconniere monegasca della famiglia Fini-Tulliani – il governo di Francia ha varato un mega-piano ventennale di riduzione del deficit, da portare già nel 2011 dal 7,7 al 6% rispetto al prodotto interno lordo. E quale motivazione per giustificare una tale cura da cavallo che taglierà i redditi delle famiglie francesi ha graziosamente offerto il ministro delle finanze di Pari, Madame Christine Lagarde? Sentiamola: “Gli investitori che finanziano il nostro indebitamento sono estremamente attenti ai programmi fiscali e di contenimento della spesa che stiamo adottando per contenere il deficit”. E, ha concluso, “faremo ciò che serve”.
Qui non c’è nulla da tradurre. E’ tutto chiaro e da tempo. La finanza usuraia presta denaro agli Stati (e questo già è uno scandalo: uno Stato si può obbligare verso i propri cittadini, non con gli speculatori internazionali), non per ripianare il deficit di spesa pubblica, ma per ricevere i profitti, gli interessi che la stessa finanza usuraia intende continuare a lucrare per sempre sul denaro raccolto da una nazione, frutto dell’opera - delle braccia e dei cervelli - di tutti i suoi lavoratori.
E i loro camerieri, la Cupola di Bruxelles, i ministri dei singoli Stati, i liberaldemocratici di tutti i colori, si preoccupano non dei popoli, del loro benessere, dei loro redditi, ma di assicurare i profitti degli speculatori.
E i loro informatori asserviti, lavapiatti dei camerieri, completano il tutto con un martellante lavoro di disinformazione, bombardando lettori, spettatori, cittadini, con preoccupati allarmi sul deficit, sul pil, sulle zigzagate delle scommesse in borsa.
Nessuno di costoro pensa allo Stato come ad uno strumento del popolo, ma come a un pascolo per foraggiare la propria piccola-grande “cupola”, la propria piccola “collina”.
Una Waterloo, appunto. I bonapartisti, gli sconfitti, siamo noi.
Per qualche tempo ancora. Poi impareremo sulla nostra stessa pelle che basta un cambio di valuta – via l’euro, insomma… - e un ribaltamento, soprattutto, di regime – come accaduto in Argentina, per esempio - per mandare in bancarotta non uno Stato, un popolo, ma gli usurai, gli speculatori internazionali, le loro cupole, i loro camerieri… e i loro lavapiatti.
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