lunedì 29 agosto 2011

Pensieri...cinesi


Questo mio nuovo articolo è per di più una riflessione sulla mia Nazione e per l'esattezza sul fare attività imperenditoriale in essa.

Lasciando da parte l'attuale crisi, che in questa circostanza potrebbe anche contare, mi concentro su alcune ultime notizie di questi ultimi giorni, nelle quali, prima il Sole 24 Ore, poi un comunicato ufficiale della CGIA di Mestre ( Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre ), si portava a conoscenza ( già saputa ) del vertiginoso aumento delle attività cinesi in Italia.

Incominciamo con l'articolo "L'Italia culla di imprese cinesi: sono già 37 mila", del 23 agosto del Sole 24 Ore.


Insomma, già dal titolo non c'è da stare sereni. Aumenti a doppia cifra percentuale in varie regioni. Ecco uno stralcio del pezzo:
"Oltre la metà di queste sono localizzate in tre regioni: Toscana (22%), Lombardia (18%), Veneto (11%). Il Piemonte è l'ottava regione. Per quanto riguarda le province, oltre 4mila imprese individuali cinesi, pari all'11,5% del totale, sono localizzate nella provincia di Prato, 3.500 nella provincia di Milano (pari al 9,6% del totale), 3mila (l'8%) nella provincia di Firenze. Torino, con poco più di 1.000 ditte individuali localizzate nella sua provincia (1.087 imprese individuali in capo a imprenditori nati in Cina), si trova al sesto posto nella graduatoria provinciale, dopo Roma e Napoli dove sono localizzati rispettivamente il 6% e il 4% del totale degli imprenditori individuali cinesi".

Si viene al 27, dove, con il pezzo "Vola l'imprenditoria cinese", la CGIA di Mestre....


.... ci fa sapere, tra le altre informazioni, che...
"Ritornando ai dati statistici, si scopre che al 31/12/2010 il maggior numero di imprenditori cinesi si trova in Lombardia (10.998), seguono i colleghi che lavorano in Toscana (10.503) e quelli che hanno scelto il Veneto come regione in cui avviare l’impresa (6.343). Sono questi alcuni dei risultati emersi dall’elaborazione della CGIA di Mestre che ha puntato la lente d’ingrandimento anche sulla cronologia del fenomeno imprenditoriale orientale. Dal 2002 al 2010, gli imprenditori cinesi presenti in Italia sono aumentati del 150,7 %: con punte del 427,7 % in Molise, del 433,3 % in Basilicata e del 422,4 % in Calabria.
Se la crisi economica ha ridotto il numero di imprenditori italiani (-0,4% nell’ultimo anno), la presenza cinese è aumentata su tutto il territorio nazionale dell’ 8,5%, con picchi nel Trentino A.A. (+19,4%), nel Molise (+16,7%) e nelle Marche (+14,8%)".

Stessa notizia ripresa anche da "Il Giornale" , con l'articolo: "Italia, non c'è crisi per le aziende cinesi: +150%  "Molto spesso non rispettano alcuna norma".

Per conlcudere questa piccola rassegna stampa, sempre il 27 del corrente mese e rimanendo in tema cinese, ecco una notizia - tratta dal "Corriere della Sera" - che, senza esagerazione, è indicativo sul tipo di affari che fanno i cinesi, o meglio, di come fanno gli affari e di come, pur annientando la loro dignità, riescono a fare affari "senza" problemi:




Con ciò non voglio certamente denigrare o aditare come delinquenti i cinesi, ma mi piacerebbe riflettere sul guadagno facile di questi nella nostra Nazione. Mi piacerebbe capire come mai, cinesi a parte, gli stranieri aprano con facilità quasi disarmante attività commerciali, mentre noi italiani ci dobbiamo pensare, non due, ma dieci volte prima di aprire bottega. E una volta aperta, iniziano i guai.
Gradirei sapere da dove prendano questi soldi e se è possibile limitare, anche per chi voglia investire in Italia ( cinesi a parte ), le attività commerciali straniere in Italia.
Qui c'è di mezzo, senza esagerare, la nostra sopravvivenza; sia come lavoratori dipendenti che come eventuali nuovi autonomi. A proposito, non vorrei stare nei panni dei miei connazionali che devono fare i salti mortali per mandare avanti la "baracca" e poi vedere queste incredibili realtà.

Ovvio che dietro questo esploit cinese, potrebbe esserci:
- una grossa evasione fiscale;
- il vivere ammassati all'inverosimile in stanze, in maniera tale da dividersi l'affitto;
- il lavorare ( sia in caso da autonomi, ma soprattutto da dipendenti ) abbondantemente oltre le 8 ore lavorative e il pagare ( o forse anche il NON pagare ) una giusta paga ai dipendenti;
- la presenza di malavita cinese che ricicla denaro acquistando locali commerciali.

In ultimo, ma NON per ultimo, una Nazione, l'Italia, che non fa nulla per tutelare sè stessa e di conseguenza i suoi cittadini. La mancata voglia di controllare la regolarità delle imprese straniere ( e in primis quelle italiane ) e perciò di infliggere multe per chi non rispetta i diritti dei lavoratori, non paga il fisco, non è in regola con le norme sulla sicurezza, ecc... sta portando a tutto questo. E lo ripeto: non è un mistero. Come non è un mistero l'inconsistenza del sindacato che, se volesse effettivamente tutelare i diritti di chi lavora, avrebbe di che lavorare con tutte queste ditte cinesi e stranier in generale. Ma credo che, sotto sotto, non ci sia tutta questa gran voglia di controllare. Interessi, menefreghismo, buonismo e chi più ne ha più ne metta, la fanno da padrone.

Insomma, si entra in un calderone di irresponsabilità da parte dell'Italia e di mancata voglia di integrarsi degli stranieri che vedono l'Italia solo come mera zattera per fare facili affari e, pur se indirettamente, portarla alla deriva "grazie" al loro modo di "lavorare" che, essendo da terzo mondo, è ben visto da chi ha l'intenzione di annientare i diritti di chi lavora. Si parte con la grossa industria e si arriva fino alla piccola dittarella familiare che lavora con un paio di dipendenti in nero e possibilmente stranieri. In sostanza: se vuoi lavorare, queste sono le condizioni; altrimenti, via! Dietro alla porta, oltre a tanti italiani, ci sono molti stranieri che lavorano alla metà del tuo importo.

Stiamo andando verso l'auto-distruzione/eliminazione, sicuramente programmata dall'alto - grazie alla cosiddetta "globalizzazione", che, volendo libertà d'impresa e deregulations a gò-gò, sponsorizza l'immigrazione selvaggia - e favorita dall'avidità pecoreccia e schiavista delle imprese italiane, sia grandi che ( visto che seguono a ruota ) piccole/familiari.
E' una guerra fra poveri, ma spero che il senso di dignità non vada perduto definitivamente.

Nessun commento: